lunedì 9 aprile 2018

"L'ESTATE DEGLI INGANNI" DI ROBERTO PERRONE (RIZZOLI)


In una storia l’importante non sono il chi, il cosa, il quando e il dove, ma il ‘perché’
Romanzo o realtà: questo è il dilemma.
Fantasia o politica: questo è il problema.
Nulla è più vero di un libro di c.d. fantapolitica perché il “fanta” cede al “vero”.
Bologna non viene mai nominata ma la “strage alla stazione” sempre.
Le retrovie del racconto sono costellate di vicende frutto di immaginifica realtà, aventi come scenografia Gheddafi, la morte del figlio illegittimo, Ustica (anch’essa presente pur non essendo mai nominata), il Mossad, i Servizi Segreti, “Guerra Fredda” e altri antichi quanto attuali retaggi delle tragedie nostrane.
La storia, portata avanti con un linguaggio libero dall’asfissia del politicamente corretto, attinge a piene mani dalla letteratura saggistica di questi ultimi anni.
L’Autore di “L’estate degli inganni” (Rizzoli), Roberto Perrone, mostra coraggio nell’occhieggiare con malinconia e apprezzamento alle dinamiche mentali degli uomini politici della c.d. Prima Repubblica, pur cadendo talora in ingenuità e debolezze narrative, forse causate da un eccesso di pulsione didascalica. Il coraggio lievita quando il protagonista prende posizione paventando l’estraneità degli attuali condannati al sanguinario massacro del 2 agosto 1980.
Il lettore si dipana in una trama a tela di ragno, in cui può riconoscere alcune personalità istituzionali contemporanee dietro i nomi fittizi dei personaggi.
La professione giornalistica di Perrone permea lo stile del libro, agevole, di facile comprensione, oliato e, come già detto, talune volte troppo didascalico, chiazzato poi da descrizioni di acrobazie erotiche di cui non se ne sente affatto il bisogno e che nulla aggiungono alla storia.
Fabrizio Giulimondi

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