martedì 17 aprile 2018

FABRIZIO GIULIMONDI: “IL VALORE DELL’INDIPENDENZA PER LE ISTITUZIONI”



Sono particolarmente lieto di questo evento e dell’eccellente iniziativa che ne costituisce l’occasione. E’ mio privilegio e onore potere affrontare con Voi un tema delicato e che rappresenta il cardine della democrazia economica.
Al modello statunitense, che ha una tradizione più che secolare, si sono ispirate le assai più recenti esperienze europee, a partire da quella francese, che hanno visto riconoscere le c.d. “autorità indipendenti”.
Il legislatore italiano non ha mai esplicitamente qualificato come indipendente una autorità amministrativa, ricorrendo per lo più a formule indirette, quali «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione» per es. per le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.
In Francia, invece, la paternità della nozione spetta al legislatore e data dal 1978 (Commission nationale de l’informatique et des libertés – CNIL). Ben dieci autorità amministrative sono state qualificate indipendenti dal Parlamento d’oltralpe tra il 1984 ed il 2001. Per le altre autorità alla qualificazione ha provveduto il giudice.
Le autorità amministrative indipendenti hanno due tratti caratterizzanti. Da un lato, sono dotate di elevata expertise tecnica: esistono diverse amministrazioni che svolgono funzioni che necessitano tecnicità, come le agenzie, ma, nel caso delle autorità indipendenti, le norme e la prassi richiedono che la expertise sia particolarmente elevata e che ne siano muniti non solo gli uffici ma anche gli organi di vertice. D’altro lato, vi è il connotato essenziale, cioè l’indipendenza, sia dall’indirizzo politico sia dal mercato e dalle imprese regolate.
Il tratto dell’indipendenza accomuna le autorità in una categoria molto diversificata al suo interno.

Perché indipendenti? Il valore dell’Indipendenza delle Istituzioni: con le autorità indipendenti si regolano materie “sensibili”, nelle quali vanno protetti diritti altrettanto “sensibili”. Diritto sensibile è l’iniziativa economica libera, tutelata dalle autorità di concorrenza. Diritto sensibile è quello dei risparmiatori, sul quale vigilano autorità come la CONSOB. Diritto sensibile è la garanzia del pluralismo dell’informazione, protetto da istituzioni come l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).
Le autorità indipendenti sono chiamate a garantire il contradditorio economico, il contradditorio paritario nel mercato. E chi è che garantisce il contradditorio tipico, il contradditorio nel processo? Il giudice.
Come occorre l’indipendenza e la terzietà di un giudice per garantire il contradditorio tra le parti nel processo, così sono necessarie amministrazioni dotate di uno status indipendente per garantire il contradditorio nel mercato, per svolgere la funzione arbitri della democrazia economica.
Pertanto per quanto riguarda il potere giudiziario, la sua capacità di intervento è in tale caso automaticamente ridotta dal dovuto riconoscimento della c.d. "discrezionalità tecnica" del regolatore.
Ulteriore ragione dell’indipendenza: la spinta proveniente dagli ordinamenti sopranazionali. Il filtro dell’Unione è un elemento comune del ragionamento giurisdizionale, che si riflette sul metodo di analisi dei provvedimenti delle autorità di regolazione come l’AGCOM.
Nel bilanciamento dei poteri tra Unione e Stati, tra «centro» e «periferia», si intravvede nell’esercizio coordinato delle funzioni.

Il maggior presidio dell’indipendenza viene pertanto dagli ordinamenti sovrastatali, sopranazionali, dall’Unione Europea e anche dagli ordinamenti internazionali dell’economia. L’Union Europea o favorisce l’indipendenza delle autorità nazionali in diversi settori, dalle banche, all’antitrust, alle comunicazioni

Si può richiamare, in merito, l’analogo percorso compiuto dalla Corte di giustizia che, nel momento in cui svolge il proprio sindacato sugli atti della Commissione, si destreggia tra due poli: da un lato, un ambito riservato, per la sua complessità tecnica, all’esecutivo europeo; dall’altro, un campo all’interno del quale i giudici possono, invece, intervenire. La Corte suole affermare, infatti, che «nell’ambito del controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse compiute dalla Commissione, non spetta al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione”.
Allo stesso tempo, il giudice europeo non può sottrarsi da una completa valutazione dei fatti e dalla loro corretta ricostruzione da parte dell’amministrazione europea, né può astenersi «dal controllare l’interpretazione» che la Commissione stessa opera sui dati, anche se di natura economica.
Il diritto europeo, in conclusione, gioca a favore delle prerogative delle autorità, riservando ad esse quella analisi di mercato che costituisce la “sostanza fine” del loro agire: valorizza, d’altro canto, l’apporto collaborativo tra soggetti dotati di expertise nella materia, offrendo al giudice un elemento di valutazione sulla “lealtà” nei confronti delle istituzioni europee.

Fabrizio Giulimondi

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