giovedì 19 aprile 2018

FABRIZIO GIULIMONDI: "UNA SCHEMATICA DELUCIDAZIONE SULLE REGIONI E SUGLI ENTI LOCALI"


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A partire dagli anni ’40 è iniziato il DECENTRAMENTO delle funzioni amministrative agli enti locali autonomi, ma è stato un percorso molto lungo a causa del centralismo statale molto forte. Tale percorso è terminato con la riforma del titolo V della Costituzione (l.3/2001), che ha profondamente rinnovato i rapporti tra Stato, Regioni ed enti localiàpone al centro la Regione e, dal punto di vista amministrativo, il Comune; allo Stato vengono attribuite delle competenze legislative in determinate materie di legislazione esclusiva (indicate nel comma 2, art.117 Costituzione; ad esempio tutela dei beni culturali, giustizia, sicurezza, ordine pubblico, immigrazione). Ci sono poi materie di legislazione concorrente.
·        à alle regioni spettano tutte le competenze legislative nelle materie non specificatamente attribuite allo stato, per porre la gestione delle funzioni amministrative al livello più vicino al cittadino
·        L’istituzione delle regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia; Sardegna; Sicilia; Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta) è avvenuta subito dopo la fine della dittatura fascista e con l'avvento della democrazia repubblica e della Costituzione.
·        L’istituzione delle Regioni a statuto ordinario è avvenuta solo a partire dalla fine degli anni ’70 (legge delega del 1970 e decreti legislativi del 1972; leggi delega del 1975 e decreti legislativi del 1977).
·        La Repubblica è articolata in 20 Regioni, 15 Regioni a Statuto ordinario, 5 Regioni a Statuto speciale (Condizioni e forme di maggiore autonomia in ragione delle loro specificità geografica, etnica e linguistica).


Gli enti del Governo Territoriale (art 114 Cost dopo la riforma del 2001 -  legge cost. 2001 n. 3 - ha parificato, mettendoli sullo stesso piano, Stato, Regione, Province, Città metropolitane e Comuni, considerando questi ultimi gli enti locali "sussidiari" per eccellenza.
1.   Regioni
2.   Province
3.   Comuni
4.   Città metropolitane
v  L’art. 117 Cost. definisce qual è la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni ( a cui si aggiunge la potestà legislativa delle Province autonome di Trento e Bolzano in attuazione dello Statuto della Regione speciale del Trentino-Alto Adige).
v  Art. 118 Cost. - PRINCIPIO di SUSSIDIARIETÀ: Vuole avvicinare il potere amministrativo ai territori interessati direttamente alle decisioni, affidando i compiti di gestione amministrativa alla struttura più vicina ai cittadini.
Art. 118 Cost. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza → il Comune è un ente a potestà amministrativa generale salvo per funzioni che richiedono un esercizio unitario a livello sovracomunale.
v  FUNZIONI enti territoriali:
-      funzioni proprie di pertinenza dell’ente sono riconosciute dalla legge come funzioni di esclusiva pertinenza dell’ente locale;
-      funzioni fondamentali sono determinate dalla legge statale e dall’art. 117 comma II della Costituzione
v  RAPPORTI TRA STATO, REGIONI E AUTONOMIE LOCALI:
1.   Principio di leale cooperazione: da attuarsi mediante accordi e intese
2.   Organi di raccordo (strumenti di coordinamento).
a)   Rappresentante dello stato per i rapporti con il sistema delle autonomie
b)   Conferenza permanente per rapporto tra stato -regioni - province autonome
c)   Conferenze stato-città-autonomie locali
Le conferenze si occupano di programmazione e progettazione delle grandi reti di infrastrutture e federalismo demaniale.
v  POTERI SOSTITUTIVI IN CASO DI INERZIA DELLE REGIONI, PROVINCE, COMUNI
Il Governo conserva il potere sostitutivo in caso di inadempimento o inerzia degli enti minori (es. mancato rispetto di norme internazionali o comunitarie, pericolo per la sicurezza pubblica). I poteri sostitutivi devono essere esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale
cooperazione. All’ente interessato viene assegnato un congruo termine per adottare i provvedimenti
dovuti o necessari, decorso il quale il Governo stesso adotta tali provvedimenti necessari o nomina un apposito commissario.
v  POTERE DI CONTROLLO GOVERNATIVO SUGLI ATTI DEGLI ENTI LOCALI
1.     A seguito della decisione della Corte cost. n. 229/1989, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 2, l. n. 400/1988 il potere di annullamento governativo non è più esercitabile nei confronti degli atti amministrativi regionali
2.     Si considera venuto meno, a seguito dell’abrogazione dell’art. 125 Cost., il potere di controllo preventivo di legittimità sugli atti amministrativi di Regioni ed enti locali.
3.     Art. 126 in capo allo Stato controllo sugli organi regionali
4.     Lo Stato ha anche potere di indirizzo governativo


CARATTERI GENERALI DEGLI ENTI TERRITORIALI
1)   Territorialità: La territorialità è l’elemento costitutivo più significativo → l’ente infatti rappresenta la comunità stanziata sul proprio territorio = è dunque un ente esponenziale.
Esso si determina in base a criteri stabiliti dalla legge e può essere modificato secondo procedimenti molto complessi previsti dalla costituzione all’art 132(modifiche territoriali delle regioni):
Per creare una nuova regione con un minimo di 1 mln di abitanti o per disporre la fusione di più regionià legge costituzionale su proposta di tanti consigli comunali che rappresentino 1/3 delle popolazioni interessate, approvata con referendum delle popolazioni stesse, previo parere dei consigli regionali – art 132 comma 1 cost
2)   Politicità: gli enti del Governo Territoriale sono enti politicià gli organi di governo dell’ente sono espressione della comunità attraverso la designazione dei titolari di essi, prescelti direttamente o indirettamente dalla comunità.
L’azione di governo svolta dagli enti nei confronti della propria comunità è determinata da programmi di azione presentati alla comunità in occasione delle consultazioni elettorali, e da questa approvati con il voto.
3)   Autonomia:
1.      Autonomia normativa:
a.   Legislativa → potere di emanare norme;
b.   Statutaria → potere di darsi statuti
2.      Autonomia politica
3.      Autonomia amministrativa
4.      Autonomia Finanziaria: l’organizzazione di questi enti e la loro azione di governo è finanziata, per regola, con mezzi propri, ricavati dalla stessa comunità amministrata e della cui spendita a essa gli organi di governo devono rispondere. Essa è disciplinata dalla legislazione sul cosiddetto federalismo fiscale e relativi decreti legislativi.
àFINANZA DERIVATA: fino agli anni ‘90 le regioni hanno goduto di mezzi finanziari individuati e quantificati dallo Stato e di risorse trasferite.
L’art. 119 della Cost. ridisegna l’autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali prevedendo una capacità impositiva autonoma.
Se aumentano i compiti delle Regioni e degli enti locali, e contestualmente si riducono i trasferimenti dello Stato, risulta necessario per questi enti applicare una propria tassazione per poter svolgere i compiti a loro affidati (c. d. federalismo fiscale).
àArt. 119 Costituzione è una novità introdotta dalla Riforma del titolo V del 2001: Le Regioni hanno autonomia di entrata e di spesa nei limiti e nel rispetto dei rispettivi bilanci
          la regione può imporre dei propri tributi e delle tasse proprie, nel rispetto della Costituzione e dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (=quest’ultima è materia rimessa alla legislazione concorrente).
           Sono previsti anche dei «fondi perequativi» per aiutare i territori più disagiati, promuovendo lo sviluppo e l’equilibrio economico e socialeàprincipio di armonizzazione dei bilanci pubblici
àLegge delega 42/2009 esercitata con d.lgs 168/2011:
«FEDERALISMO FISCALE» riforma sull’autonomia tributariaà è stato promosso/incentivato soprattutto da alcuni interventi degli anni 2000, che hanno previsto:
          Possibilità delle Regioni di imporre tributi e tasse proprie (=sistema di autogestione delle finanze per le Regioni)
          Compartecipazione al gettito di tributi erariali statali (es. IVA, BENZINA) che vanno a coprire un po’ la riduzione o soppressione totale dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni (le regioni recuperano queste risorse che non ricevono più dallo Stato tramite appunto l’imposizione di propri tributi o tasse).
àAltro PRINCIPIO (imposto da l. 49/2011) che ha imposto a tutte le amministrazioni regionali una «relazione di fine legislatura», che favorisce un controllo di legalità e regolarità contabile sull’andamento della gestione finanziaria delle Regioni e degli altri enti locali da parte dello Stato (Corte dei Conti). In concreto, in questo caso, il Presidente o il responsabile del servizio finanziario della Regione ha l’obbligo di redigere alla fine del mandato una relazione di fine legislatura che deve comprendere una descrizione di tutte le attività normative ed amministrative che sono state compiute durante la legislatura (con riferimento particolare agli esiti dei controlli esercitati dalla Corte dei Conti). Se la relazione non viene redatta ci possono essere gravi conseguenze di ordine pecuniario (vengono ridotti della metà gli emolumenti spettanti al responsabile del servizio finanziario, oppure l’indennità di mandato spettante al Presidente viene ridotta fino alla metà per le successive 3 mensilità).
La Costituzione, sin dalla sua entrata in vigore, ha riconosciuto un ruolo di primo piano alle regioni e agli enti locali, quali fondamentali elementi dell’organizzazione dello Stato.
L’articolo 5 della Costituzione “promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”.
La riforma del 2001 ha valorizzato molto l’autonomia delle Regioni e degli enti locali, garantendo a Province, Città metropolitane e Comuni:
·        autonomia normativa: facoltà di adottare propri regolamenti e Statuti;
·        autonomia amministrativa: possibilità di emanare atti amministrativi aventi il medesimo valore degli atti amministrativi dello Stato;
·        autonomia finanziaria: facoltà di stabilire ed applicare tributi ed entrate propri per il finanziamento delle loro attività.
Vale la pena sottolineare, prima di affrontare ciascun ente locale, che la materia “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117 secondo comma lett. p) Cost.).

·        I Comuni
Il Comune viene definito dal Testo Unico degli enti locali (TUEL, decreto legislativo n.267/2000) come: “è un ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.”

Organi istituzionali del Comune.
1.   il Consiglio comunale;
2.   la Giunta comunale;
3.   il Sindaco.
Il Consiglio comunale è l’organo normativo del Comune.
 La Giunta è, invece, l’organo esecutivo. Questa è formata dal Sindaco – che ne nomina e ne revoca i componenti – e assoggettata al controllo politico del Consiglio, che può approvare nei suoi confronti una mozione di sfiducia, all’esito della quale il Sindaco è tenuto a dimettersi.
Il Sindaco, oltre ad essere l’organo di rappresentanza del Comune, è anche ufficiale del Governo, esercitando all’interno del Comune alcune funzioni proprie dello Stato quali:
·        anagrafe;
·        stato civile;
·        servizi elettorali;
·        vigilanza su sicurezza ed ordine pubblico;
·        servizi di statistica.
Il Sindaco ha anche il potere di emanare ordinanze, sia come organo locale (ad esempio, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale), sia come ufficiale del Governo (per eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini).
Come avvengono le elezioni del Consiglio comunale e del Sindaco?
Il Consiglio comunale e il Sindaco sono eletti dal corpo elettorale attraverso un sistema maggioritario che si distingue tra Comuni con meno di 15.000 abitanti e con Comuni con più di 15.000 abitanti.
Comuni con meno di 15.000 abitanti: le elezioni sono a turno unico. Ogni candidato alla carica di Sindaco deve essere collegato ad una lista di candidati per il Consiglio comunale. L’elettore esprime un voto congiunto (Sindaco e lista collegata), potendo esprime una o due preferenze per i candidati presentati dalla lista prescelta. È eletto Sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti (maggioranza relativa). La lista collegata al Sindaco ottiene i 2/3 dei seggi del Consiglio, il resto dei seggi è diviso proporzionalmente tra le altre liste.
Comuni con più di 15.000 abitanti: il sistema maggioritario è a doppio turno (il secondo è solo eventuale ovviamente). Il candidato a Sindaco può essere collegato a più liste di candidati a consigliere comunale. L’elettore può esprimere due preferenze, una per il Sindaco e una per la lista (con la possibilità di esprimere anche una o due preferenze sui candidati alla carica di consigliere), potendo esprimere anche un voto disgiunto (voto ad un candidato Sindaco e voto ad una lista a questo non collegata). È eletto Sindaco il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. Se nessun candidato la raggiunge al primo turno, i due maggiormente votati passano ad un secondo turno (ballottaggio). Il 60% dei seggi del Consiglio comunale va alle liste collegate al candidato Sindaco vincitore (si parla di “premio di maggioranza”), a meno che una lista o un gruppo di liste non collegate al vincitore abbia ottenuto al primo turno oltre il 50% dei voti validi. Se un candidato viene eletto al primo turno, il premio di maggioranza scatta solo se le liste a lui collegate superano il 40% dei voti validi. Il resto dei seggi viene ripartito in modo proporzionale ai voti ricevuti, con esclusione delle liste che non abbiano raggiunto il 3% dei voti validi o che non siano collegate ad un gruppo di liste che abbiano superato un consenso superiore a tale soglia (cd. clausola di sbarramento).
La legge n. 56/2014 (Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni) ha dettato anche delle misure con riferimento alla disciplina generale dei Comuni. Le modifiche hanno interessato:
·        modificato il numero di consiglieri e di assessori nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti (10 consiglieri e 2 assessori nei Comuni fino a 3.000 abitanti; 12 consiglieri e 4 assessori nei Comuni con popolazione tra i 3.001 e i 10.000 abitanti);
·        parità di genere nelle Giunte comunali, in cui nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40% (esclusi i Comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti);
·        abolizione del divieto di terzo mandato consecutivo per i Sindaci dei Comuni fino a 3.000 abitanti (anche se è comunque posto il limite massimo di tre mandati consecutivi);
·        incompatibilità di parlamentare (nazionale o europeo) o membro del Governo con altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo degli enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 15.000 abitanti (prima era 5.000).
Funzioni del Comune
Al Comune spettano varie funzioni:
·        rappresentanza della propria comunità;
·        esercizio di funzioni amministrative (in virtù del principio di sussidiarietà e di vicinanza ai cittadini).
Le funzioni si distinguono in:
1.   funzioni proprie dei Comuni (art. 13 TU enti locali): riguardano la popolazione e il territorio comunale e identificano il Comune come ente esponenziale della comunità di riferimento;
2.   funzioni conferite con legge statale o regionale: sono quelle inerenti le materie di competenza esclusiva dello Stato o della Regione, ovvero di competenza concorrente, che in forza di un apposito provvedimento sono attribuite ai Comuni quale ente territoriale più vicino al cittadino.
Vediamo alcune delle principali funzioni che sono attribuite ai Comuni:
·        organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;
·        organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di interesse comunale (ad esempio: il trasporto pubblico comunale);
·        il catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute dallo Stato dalla normativa vigente;
·        pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale e partecipazione alla pianificazione territoriale di ambito sovracomunale;
·        attività di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi a livello comunale;
·        organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio, smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e riscossione dei relativi tributi;
·        progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali;
·        edilizia scolastica per la parte non attribuita alle Province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;
·        polizia municipale e polizia amministrativa locale;
·        tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale;
·        servizi in materia di statistica.

·        Le Province
La Provincia viene definita dall’articolo 2 del TU enti locali:
è un ente locale intermedio tra Comune e Regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo”.
Le Province sono state oggetto di varie riforme negli ultimi anni:
·        i decreti legge n. 201/2011 e 95/2012 avevano previsto: abolizione implicita della Giunta; un sistema elettorale indiretto; limitazioni ai poteri delle Province; procedura di accorpamento e riordino finalizzato alla loro soppressione, con trasferimento delle competenze alle Città metropolitane (da istituire). Questi interventi normativi sono stati dichiarati incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 220/2013 perché, a parere della Corte, la riforma delle Province non poteva essere disposta tramite lo strumento della decretazione d’urgenza, ma solo attraverso l’adozione di una legge. A seguito di questa declaratoria di illegittimità il Legislatore ha posto rimedio, almeno temporaneamente, per salvare gli effetti dello scioglimento delle Province e prorogare la gestione dei commissari.
·        la legge 56/2014 (legge Delrio) ha istituito le Città metropolitane, ha ridefinito il sistema delle Province e ha dato una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di Comuni.
La legge Delrio definiva le Province “enti di area vasta” e conferiva a queste un carattere transitorio, nelle more della riforma costituzionale (poi bocciata il 4 dicembre 2016).
Esistono anche le cd. Province montane, cui le Regioni riconoscono, nelle materie di loro competenza, forme particolari di autonomia.
Quali sono gli organi della Provincia (ente di area vasta)?
·        il Presidente della Provincia;
·        il Consiglio provinciale;
·        l’Assemblea dei Sindaci.
Una caratteristica comune a tutti e tre gli organi è il carattere gratuito di questi incarichi.

IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA:
Il Presidente della Provincia viene eletto, in via indiretta, dai Sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Provincia; sono eleggibili i Sindaci della Provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni.
L’elezione avviene sulla base di candidature sottoscritte da almeno il 15% degli aventi diritto al voto. Ogni elettore vota un solo candidato e il voto è ponderato in base ad un indice rapportato alla popolazione complessiva della fascia demografica di appartenenza del Comune. È eletto il candidato che consegue il maggior numero di voti, sulla base di detta ponderazione.
Il Presidente resta in carica per 4 anni, ma è prevista la decadenza automatica in caso di cessazione dalla caricai Sindaco.
Quali funzioni ha il Presidente della Provincia:
·        rappresenta l’ente;
·        convoca e presiede il Consiglio provinciale e l’Assemblea dei Sindaci;
·        sovrintende il funzionamento degli uffici.
IL CONSIGLIO PROVINCIALE:
È composto dal Presidente della Provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione:
·        16 se la popolazione è superiore a 700.000 abitanti;
·        12 se la popolazione è compresa tra i 300.000 e i 700.000 abitanti;
·        10 se la popolazione è inferiore a 300.000 abitanti.
Il Consiglio provinciale è un organo elettivo di secondo gradoàhanno diritto di elettorato attivo e passivo i Sindaci e i consiglieri dei Comuni della Provincia.
È prevista la presentazione di liste, sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto, composte da un numero di candidati non superiore al numero di consiglieri da eleggere né inferiore alla metà.
Anche in questo caso il voto è ponderato e si riferisce al singolo candidato e non è attribuito alla lista. Viene stilata un’unica graduatoria e sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti, secondo la ponderazione.
La carica dura 2 anni e si decade automaticamente in caso di cessazione della carica comunale.
Il Consiglio svolge diverse funzioni:
·        funzioni di controllo e di indirizzo;
·        approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal Presidente della Provincia;
·         ha potere di proposta dello statuto e ha poteri decisionali per l’approvazione del bilancio.

ASSEMBLEA DEI SINDACI:
È composta dai Sindaci dei Comuni della Provincia.
È competente per l’adozione dello statuto e ha potere consuntivo per l’approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuire ad essa anche poteri propositivi, consultivi e di controllo.
Quali sono le funzioni delle Province? Queste vengono indicate dalla legge 56/2014:
·        pianificazione territoriale provinciale di coordinamento;
·        tutela e valorizzazione dell’ambiente (per gli aspetti di cui ha competenza);
·        pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato;
·        costruzione e gestione delle strade provinciali;
·        programmazione provinciale della rete scolastica;
·        raccolta ed elaborazione dei dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
·        gestione edilizia scolastica;
·        controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.
·        Le Città metropolitane
Sono state introdotte dalla legge costituzionale n. 3/2001, ma non hanno ancora trovato una concreta istituzione nel nostro sistema normativo.
L’articolo 114 Cost. annovera le Città metropolitane tra gli enti costitutivi della Repubblica (“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”), definendoli “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”.
Cosa differenzia le Città metropolitane dai Comuni e dalle Province? La differenza sta nel fatto che le Città metropolitane sono enti locali non obbligatori, la cui costituzione è rimessa cioè all’iniziativa degli enti locali interessati.
La Città metropolitana è un ente formato da una pluralità di Comuni, affini per contiguità territoriale, relazioni sociali e culturali, caratteri ambientali e altre caratteristiche comuni, che si trovano all’interno di aree metropolitane (coincidenti con il territorio della Provincia delle città interessate).
Il procedimento per la loro istituzione era previsto dall’articolo 23 del TU enti locali, ma è stato modificato con numerosi interventi normativi che hanno tentato di istituire le prime Città metropolitane.
La legge n. 56/2014 individua 9 Città metropolitane:
·        Torino;
·        Milano;
·        Venezia;
·        Genova;
·        Bologna;
·        Firenze;
·        Bari;
·        Napoli;
·        Reggio Calabria.
Accanto a queste nove, si aggiunge una decima: la Città metropolitana di Roma capitale, oltre Cagliari (istituita da una legge regionale sarda) e Palermo, Catania e Messina (istituite da una legge regionale siciliana).
Il territorio della Città metropolitana coincide con quello della Provincia omonima.
Quali sono gli organi della Città metropolitana? Gli organi sono:
1.   Sindaco metropolitano;
2.   il Consiglio metropolitano;
3.   la Conferenza metropolitana.
Anche in questo caso si tratta di incarichi svolti a titolo gratuito.
IL SINDACO METROPOLITANO: questo è il Sindaco del Comune capoluogo.
IL CONSIGLIO METROPOLITANO: questo è composto dal Sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione:
·        24 se la popolazione è superiore a 3 milioni di abitanti;
·        18 se è compresa tra 800.001 e 3 milioni di abitanti;
·        14 se pari o inferiore a 800.000 abitanti.
Anche questo Consiglio è un organo elettivo di secondo grado, poiché hanno diritto di elettorato attivo e passivo i Sindaci e i consiglieri dei Comuni appartenenti alla Città metropolitana.
Il Consiglio dura in carica 5 anni.
Quali sono le funzioni ad esso attribuite?
·        è organo di indirizzo e di controllo;
·        approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto sottoposto ad esso dal Sindaco metropolitano;
·        ha potere di proposta dello statuto;
·        ha poteri decisori finali per l’approvazione del bilancio.
LA CONFERENZA METROPOLITANA: è composta dal Sindaco metropolitano e dai Sindaci dei Comuni della Città metropolitana.
Quali sono le funzioni attribuite alla Conferenza metropolitana?
·        è competente per l’adozione dello statuto;
·        ha potere consuntivo per l’approvazione dei bilanci;
·        lo statuto può attribuire ad essa altri poteri propositivi e consultivi.
In generale, quali sono le funzioni attribuite alle Città metropolitane? Queste si distinguono tra:
·        funzioni fondamentali delle Province e quelle attribuite ad esse nel processo di riordino delle Province stesse;
·        funzioni fondamentali proprie.
Vale la pena elencare le principali funzioni proprie delle Città metropolitane:
1.   piano strategico del territorio metropolitano;
2.   pianificazione territoriale generale;
3.   organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
4.   mobilità e viabilità;
5.   promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
6.   sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
Va sottolineato, inoltre, che le Regioni e lo Stato possono attribuire ad esse ulteriori competenze.
Gli organi delle Città metropolitane adottano un proprio statuto che disciplina, tra le altre cose, i rapporti tra i Comuni e le stesse Città metropolitane per l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni metropolitane e comunali.
Alla Città metropolitana di Roma capitale è conferito un ordinamento particolare, anche in virtù del riconoscimento diretto della funzione di Capitale della Repubblica, di cui all’articolo 114 terzo comma della Cost. In particolare, a Roma capitale sono attribuite funzioni per la valorizzazione di beni culturali e di beni paesaggistici, in materia di organizzazione fieristica, nel settore turistico e di protezione civile. Essa dispone di un particolare regime di autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti della Costituzione.
Gli altri enti locali e le forme di associazionismo tra enti locali
Sono tre, in particolare, gli enti che andremo ad analizzare:
1.   COMUNITA’ MONTANE;
2.   COMUNITA’ ISOLANE E DELL’ARCIPELAGO;
3.   UNIONI DI COMUNI.


·        Le Comunita’ montane:
Nascono come enti di diritto pubblico già a partire dal 1971. La relativa normativa è stata più volte modificata ed anche la loro qualificazione è passata da “unioni montane” a “unioni di Comuni, enti locali costituiti fra Comuni montani”.
Le Comunità montane si caratterizzano per un accentuato grado di autonomia, non solo rispetto alla Regione, ma anche rispetto ai Comuni, avendo queste potestà statutaria e regolamentare, prevista espressamente dalla legge n. 131/2003.
La loro costituzione è disciplinata dal decreto legislativo n. 267/2000 che afferma espressamente: “La costituzione della Comunità montana avviene con provvedimento del Presidente della Giunta regionale”. La disciplina delle Comunità montane viene demandata ad una legge regionale che deve, in particolare, contenere i riferimenti in merito alle seguenti tematiche:
·        modalità di approvazione dello Statuto;
·        procedure di concertazione;
·        disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
·        criteri di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea;
·        i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

·        Le Comunita’ isolane e dell’arcipelago:
L’articolo 29 del TU enti locali estende espressamente la disciplina delle Comunità montane anche alle Comunità isolane e dell’arcipelago.
Queste sono unioni di comuni che possono essere istituiti in ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sardegna e della Sicilia.

·        Unioni di Comuni:
L’articolo 32 del decreto legislativo n. 267/2000 disciplina l’Unione di Comuni, definendoli: “enti locali costituiti da due o più Comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza”.
L’atto costitutivo e lo statuto dell’Unione sono approvati dai Consigli dei Comuni partecipanti, con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie.
Il Legislatore ha disposto l’obbligo di esercitare in forma associata, mediante un’Unione di comuni, le funzioni amministrative e i servizi pubblici per i Comuni di piccole dimensioni.
La legge n. 56/2014 ha previsto due tipologie di Unione:
1.   una prima: per l’esercizio associato facoltativo di specifiche funzioni;
2.   una seconda: per l’esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali (si riferisce a Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti). Per la costituzione di Unioni obbligatorie servono almeno 10.000 abitanti (che scendono a 3.000 in caso di Comuni appartenenti a Comunità montane, per cui servono almeno 3 Comuni).
Quali sono gli organi dell’Unione di comuni?
·        il Presidente;
·        la Giunta;
·        il Consiglio (i cui membri sono eletti dai Consigli dei Comuni associati, tra i loro componenti).
Queste cariche sono a titolo gratuito.
È anche introdotta la figura del Segretario dell’Unione, scelto tra i segretari dei Comuni associati.
Sono state predisposte misure agevolative e organizzative per la fusione di Comuni, finalizzate a tutelare la specificità degli stessi.
È stato creato anche un nuovo procedimento di fusione di Comuni chiamato incorporazione, caratterizzato dal fatto che il Comune incorporante mantiene la propria personalità e i propri organi, mentre decadono gli organi del Comune incorporato.
L’autonomia statutaria e regolamentare degli enti locali
La Costituzione ha riconosciuto espressamente l’autonomia statutaria delle Province e dei Comuni. L’articolo 114 della Costituzione, infatti, afferma che: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”.
Gli Statuti degli enti locali sono sottoposti al rispetto dei principi costituzionali, ma, diversamente dagli Statuti regionali, non trovano, all’interno del testo costituzione, una precisa definizione degli ambiti di competenza, dei contenuti e delle procedure di approvazione degli stessi.
Queste indicazioni si trovano nella legge di attuazione della riforma costituzionale n. 3/2001 (la legge di attuazione è la n. 131/2003), la quale ha previsto che lo Statuto stabilisca:
·        i principi di organizzazione e funzionamento dell’ente;
·        le forme di controllo;
·        le garanzie delle minoranze;
·        le forme di partecipazione popolare.
Questa legge ha anche precisato che gli Statuti degli enti locali devono essere in armonia con la Costituzione e con i principi generali in materia di organizzazione pubblica.
Peraltro, l’articolo 117 Cost. prevede, a seguito della riforma del 2001, anche l’attribuzione della potestà regolamentare ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane: “I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.

·        Le Regioni

à  POTESTÀ LEGISLATIVA DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO
1.   Lo Stato ha potestà esclusiva nelle materie tassativamente elencate dalla Cost. (art. 117, secondo comma) →potestà legislativa dello Stato;
2.   La Regione ha potestà legislativa concorrente nelle materie elencate dalla Cost. (art. 117, terzo comma): in queste materie lo Stato disciplina solo i principi fondamentali →potestà concorrente Stato-Regioni (es. edilizia, urbanistica);
3.   La Regione ha potestà legislativa (residuale) nelle materie non espressamente riservate alla competenza legislativa dello Stato (art. 117, quarto comma) → potestà residuale delle Regioni.
       à POTESTÀ LEGISLATIVA DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE
1.   La Regione ha potestà legislativa esclusiva
2.   La Regione ha potestà legislativa concorrente: in queste materie lo Stato disciplina i principi fondamentali;
3.   La Regione ha potestà legislativa integrativa / attuativa.
Differenze TRA STATUTO ORDINARIO E STATUTO SPECIALE di 2 tipi:
    1. TIPO FORMALE: statuto speciale è approvato con legge costituzionale, mentre quello ordinario è approvato con legge ordinaria (è subordinata alla Costituzione, ma non è legge costituzionale)
 2. TIPO SOSTANZIALE/CONTENUTISTICA: statuto speciale contiene anche l’indicazione delle funzioni amministrative e delle competenze legislative spettanti (ad esempio l’urbanistica nello statuto speciale è materia di legislazione esclusiva della Regione, mentre nello statuto ordinario è materia concorrente Stato-Regione); non è così nello statuto ordinario.
Ø NB Se in passato poteva parlarsi di un tendenziale PARALLELISMO TRA COMPETENZE LEGISLATIVE E FUNZIONI AMMINISTRATIVE, esso oggi è superato:
1.    la Regione può delegare funzioni proprie a Province e Comuni
anche nelle materie di competenza regionale, lo Stato conserva poteri di indirizzo, coordinamento, sostitutivi
v  FUNZIONI REGIONI:
1.   proprie: funzioni riconosciute dalla legge come funzione di esclusiva pertinenza dell’ente locale
2.   fondamentali: art. 117 c. 2, lett. p), Cost.: sono determinate dalla legge dello Stato come attribuzioni necessarie di ciascuna categoria di enti locali.
3.   funzioni conferite: in base all’art. 118 Cost. le Regioni esercitano anche funzioni conferite ad esse «per assicurarne l’esercizio unitario» «sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».
àI PRINCIPI DEL CONFERIMENTO DI FUNZIONI, l.N. 59/1997 (ha, per certi versi, anticipato la riforma costituzionale del 2001):
·        Principio di sussidiarietà: l’art. 1, comma 2, stabilisce che sono conferiti alle Regioni e agli enti locali le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità.
·        Le funzioni regionali e statali vengono ripartire secondo un criterio per cui la competenza, in generale, è della Regione, fatti salvi i compiti e le funzioni statali attinenti ad una serie di materie (es. forze armate, tutela dei beni culturali, rapporti con enti religiosi, cittadinanza, immigrazione …).
·        Nelle materie conferite alle Regioni vengono lasciati allo Stato alcuni compiti (es. progettazione, esecuzione e manutenzione di grandi reti infrastrutturali).
àIL DECENTRAMENTO DALLE REGIONI AGLI ENTI LOCALIà leggi c.d. "Bassanini" (leggi 1997 n. 59 e n. 127)
·        Leggi Bassanini contengono il principio del decentramento dalle Regioni agli enti locali (art.4), questo per garantire sempre il principio di sussidiarietà (tutte le funzioni devono essere gestite dall’ente territoriale più vicino al cittadino, in questo caso il Comune)à Si assiste quindi ad una ripartizione/frammentazione dei poteri tra i diversi enti locali.
·        L’art. 4 della legge n. 59/1997 ha stabilito che la Regione conferisca a Province, Comuni e altri enti locali «tutte le funzioni che non prevedono l’unitario esercizio a livello regionale», prevedendo che, qualora la Regione non provveda entro il termine indicato, il Governo possa provvedere, in via sostitutiva, all’emanazione di uno o più decreti legislativi di ripartizione di funzioni tra Regioni ed enti locali, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale
v  FONTI:
LO STATUTO
Contiene: i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento dell’amministrazione regionale (art.123 Cost.) «in armonia con la Costituzione» (prima della riforma del titolo V, esso doveva attenersi anche alle leggi della Repubblica); ora è quindi una fonte di legge sub-costituzionale/sub-primaria (sottoposta solo alle leggi della Costituzione).
E’ approvato con un procedimento aggravato; successivamente viene pubblicatoàpubblicità dello Statuto ha valore meramente notiziale, infatti successivamente decorre un termine di 3 mesi entro il quale 1/50 degli elettori della Regione o 1/5 dei componenti del Consiglio  regionale possono richiedere un Referendum sullo Statuto (quindi non è ancora definitivamente approvato). È un referendum particolare perché non è richiesto un «quorum partecipativo/strutturale»; lo Statuto, in concreto, può essere approvato o meno tramite il referendum (se questo viene richiesto).
Entro 30 giorni dalla pubblicazione a fini notiziali può intervenire anche il Governo e sottoporre a questioni di controllo di legittimità lo Statuto davanti alla Corte Costituzionale (UNICA FORMA DI CONTROLLO CHE PERMANE ANCORA SUGLI ATTI REGIONALI).
GLI ORGANI DI GOVERNO DI CIASCUN ENTE seguono uno schema trilatero che è uniforme per tutti gli enti.
 Cioè ogni ente ha:
·        Un Consiglio: assemblea eletta dal popolo che esercita compiti normativi, di programmazione, di indirizzo e controllo sugli organi esecutivi.
·        Il Sindaco o Presidente, sono proprio gli organi esecutivi, a loro volta eletti dal popolo secondo ordinamenti elettorali;
·        La Giunta, organo collegiale nominato dal Sindaco o Presidente.
L’organizzazione degli uffici burocratici professionali si articola nei diversi enti del governo territoriale; gli uffici sono differenti per funzioni e compiti, e raggruppati in uffici maggiori per gruppi di funzioni a seconda delle diverse dimensioni degli enti.
Essi sono sottoposti alla direzione politica dell’organo collegiale ovvero del Sindaco o Presidente, o dei singoli membri della Giunta mediante delega.
·        Perciò questo tipo di organizzazione costituisce un’organizzazione compatta, che si differenzia dall’organizzazione amministrativa dello Stato che invece è disaggregata perché consiste in una serie di pubbliche amministrazioni ciascuna affidata alla direzione politica di un ministro.
ORGANI DELLA REGIONE
l’art. 121 sono "organi della Regione"
1.   il Consiglio Regionale,
2.   la Giunta
3.   Presidente della Regione
1.   IL CONSIGLIO REGIONALE
1.      Organo titolare della potestà normativa della regione = Fissa l’indirizzo politico e amministrativo controllandone l’attuazione (ma la potestà regolamentare può essere attribuita anche alla giunta.)
2.      Eletto a suffragio universale dagli abitanti
3.      Approva le leggi regionali e lo statuto
4.      Emana i regolamenti e normazione secondaria (es. piani regolatori)
All’interno del Consiglio abbiamo poi diversi organi:
1.      Il Presidente con compiti di organizzazione e direzione dei lavori consiliari
2.      L’ufficio di presidenza
3.      Commissioni consiliari permanenti: funzione preparatoria all’attività normativa del consiglio ed esercitano anche attività di consultazione per le funzioni amministrative (pareri sui procedimenti amministrativi)
4.      Gruppi consiliari, ai quali si ascrivono i Consiglieri secondo la loro appartenenza politica.
2.   GIUNTA
1.      Organo esecutivo della regione
2.      Composto da un numero variabile di membri, a seconda delle dimensioni della comunità regionale, che vengono nominati dal Presidente tra consiglieri oppure tra soggetti esterni al consiglio e che durano in carica fino alla rinnovazione del consiglio salvo revoca da parte del presidente dei singoli o della giunta nel suo complesso.
3.       I singoli membri e della giunta sono preposti con deliberazione della giunta stessa, , il che conferisce loro almeno sul piano amministrativo poteri di direzione, poteri di proposta di deliberazioni amministrativa ma anche una sostanziale responsabilità dell’andamento del settore stesso.
3.   PRESIDENTE DELLA GIUNTA (presidente della regione) detto anche (impropriamente) “Governatore della Regione”.
1.      Eletto a suffragio universale e diretto.
2.      Rappresentanza legale della regione: ne firma gli atti e la rappresenta in giudizio.
3.      Promulga le leggi ed emana regolamenti regionali
4.      Dirige la politica della giunta e ne è responsabile
5.      Dirige le funzioni amministrative delegate dallo stato alla regione, conformandosi alle istruzioni del governo

Difensore Civico, è un organo monocratico, il cui titolare è eletto dal Consiglio Regionale tra persone dotate di particolari caratteristiche di professionalità: funzioni di sollecitazione, monitoraggio, e controllo sulle attività delle amministrazioni regionali nell’interesse di cittadini utenti, oltre poteri ispettivi e di sollecitazione di amministrazioni inadempienti (in certi casi nomina i commissari per l’adozione di atti dovuti).
Consiglio delle Autonomie Locali, deve essere costituito in ogni regione, come organo fondamentale di raccordo del governo regionale con il sistema degli enti locali; anch’esso non trova fondamento in una legge dello Stato, ma è previsto in molti Statuti regionali.  

Fabrizio Giulimondi


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