lunedì 12 marzo 2018

"NOME DI DONNA" DI MARCO TULLIO GIORDANA


Marco Tullio Giordana è uno dei più capaci registi del cinema italiano politico -sociale e non possono non essere ricordate pellicole quali “Pasolini un delitto italiano” (1995), “I cento passi” (2000), “La meglio gioventù” (2003) e “Sanguepazzo” (2003), che hanno attraversato un florilegio di tempi, spazi e tematiche, dai misteri insoluti nostrani, alla mafia, ai sommovimenti post sessantottini, al terrorismo, al fascismo e alla lotta partigiana.
Non poteva Giordana non affrontare l’attuale e molto discusso tema delle molestie sessuali ai danni delle donne, specie nei luoghi di lavoro.
Il bel film “Nome di donna” vede una particolarmente brava Cristiana Capotondi (nei panni della coraggiosa molestata Nina) e attori come Valerio Binasco e Bebo Storti che riescono ottimamente nel loro intento di apparire luridamente invisi al pubblico, il primo in veste di dirigente profittatore di umili sottoposte, il secondo spregevole prete anch’egli con ruoli apicali nella casa di cura).
Il film si fa vedere assestando qualche pugno allo stomaco allo spettatore, che assiste basito allo sviluppo di una storia di ordinaria quotidianità per molte donne.
È un lavoro fatto di dettagli mimici e visivi cui bisogna prestare attenzione: l’espressione dell’avvocato donna (Laura Marinoni) del molestatore durante le udienze; il fazzoletto verde di marca leghista che in modo sfuggevole esce dal taschino della giacca di un componente del consiglio di amministrazione e che -  stranamente – è ben trattato al pari degli altri politici, pronti a costituirsi parte civile; la permanente, corporea, tangibile, irritazione delle compagne di lavoro avverso Nina, che vuole denunciare il vile e infame affronto subito. Quest’ultimo aspetto è ben analizzato da Marco Tullio Giordana: l’assenza di solidarietà fra donne, in particolar modo se una di loro è vittima di abusi, è dato esperienziale ed empirico ben posto in evidenza nella storia, provocando nella pancia dello spettatore più di un rigurgito acido.
L’atteggiamento guardingo e titubante del compagno di Nina (Stefano Scaldaletti) può apparire lontananza dai suoi problemi o menefreghismo, ma, in realtà, non è altro che una forma di protezione dallo strepitus fori giudiziario, dai mass media e dal tritacarne telematico.
Film intelligente, ben confezionato e altrettanto recitato che andrebbe visto in primo luogo dalle ragazze, per indurle ad avere un maggiore spirito di corpo.
Fabrizio Giulimondi



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