lunedì 18 settembre 2017

FABRIZIO GIULIMONDI: "RIFORMA DELLE PROCEDURE FALLIMENTARI" - CONCLUSIONI


I recenti e noti fenomeni che hanno interessato il mercato, comportando una crescita esponenziale del numero delle imprese in crisi, hanno puntato più che mai i riflettori sulla capacità del legislatore di fornire risposte adeguate, ma allo stesso tempo veloci, alla complessità dei mutamenti economico sociali. E per risolvere i nuovi conflitti che questa realtà pone, tutelando i numerosi ed eterogenei interessi economici complessi che risultano coinvolti, è bene tenere presente che “chi maneggia il diritto deve saper comprendere il valore di quegli interessi, saperli soppesare e all’occorrenza equamente contemperare”.        
E’ proprio in questi ultimi termini che si è espresso il Presidente Rordorf, al quale è stato affidato il delicato compito di presiedere la commissione incaricata di elaborare il disegno di legge di Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza (l’A.S. 2681 è attualmente in discussione presso la Commissione giustizia del Senato, approvato come AC 3671 bis lo scorso 1 febbraio dall’Aula della Camera dei deputati e, nelle prossime settimane, approderà all’Assemblea senatoria per la discussione e la votazione, forse, definitiva): un disegno ispirato dalla consapevolezza che un percorso fruttuoso deve muoversi all’insegna dell’armonia, in modo tale che le visioni della realtà da parte del legislatore, della giurisdizione e dell’economia siano sempre meno sfalsate e più conciliabili.       
Il disegno di legge in oggetto persegue la realizzazione di un progetto assai ambizioso che, dopo numerosi interventi che in passato, in modo occasionale ed asistematico, hanno variamente modificato la cd. Legge fallimentare, ha ora finalmente l’obiettivo di attuare una riforma organica della materia.         
La disciplina dell’insolvenza e delle procedure concorsuali, prevista dall’antico R.D. 19 marzo 1942, n. 267, richiedeva ormai da tempo una rivisitazione massiccia e ciò non solo per l’essere per certi aspetti anacronistica ed inadeguata al nuovo contesto socio-economico, ma anche per i problemi interpretativi ed applicativi che si sono via via venuti a creare a seguito di interventi di modifica episodici ed emergenziali. Il che ha spesso prodotto il moltiplicarsi delle controversie, con conseguente rallentamento e crescente onerosità delle procedure.       
Numerosi, e notevoli, sono i problemi riscontrati dagli operatori del settore – complessità dell’apparato normativo, incertezza del diritto, farraginosità e lentezza delle procedure, eccessiva burocratizzazione – problemi che spesso hanno come conseguenza diretta la lesione degli interessi che la disciplina dovrebbe invece tutelare, e cioè gli interessi dei creditori al soddisfacimento dei propri diritti e l’interesse del debitore, oltre che pubblico, alla prosecuzione dell’attività d’impresa. A ciò si aggiungevano, altresì, le sollecitazioni provenienti dall’Unione Europea ad adottare una legislazione concorsuale nuova e più moderna.
Prima di esaminare il contenuto e la portata dei nuovi interventi, ricordiamo brevemente dove eravamo rimasti lo scorso anno. Già il d.l. 83/2015, conv. in l. 132/2015, si poneva in un’ottica competitiva e pro-concorrenziale, partendo da un dato critico della realtà, e cioè dal fatto che l’azienda che entrava nella spirale negativa faticava ad uscirne, non godendo più della fiducia delle banche le quali interrompevano le linee di credito, ed era pertanto costretta a cessare l’attività, con gravi conseguenze per l’economia tutta, anche in termini di perdita di occupazione. Il d.l. 83/2015 da un lato semplifica e dall’altro incentiva, ponendosi dal punto di osservazione sia del debitore, sia dei creditori. Ed infatti già con tale intervento si prevedevano una maggiore competitività nel concordato preventivo, il favor per la ristrutturazione aziendale, stimolando il debitore ad avere un comportamento collaborativo, il rinnovamento delle procedure esecutive, con la riduzione dei tempi per i singoli adempimenti ed il miglioramento delle forme di pubblicità. Ma tutto ciò, evidentemente, non è risultato sufficiente.   
Molti dei problemi sopra illustrati rimanevano aperti. Si è reso perciò necessario un vero e proprio mutamento culturale nell’approccio all’insolvenza, la quale  va affrontata come fatto fisiologico nel ciclo vitale dell'impresa, da prevenire con strumenti nuovi ed adeguati.       
Anche le scelte semantiche evidenziano segni di discontinuità rispetto al passato: prima fra tutte l’espunzione dalla legge della parola “fallimento”, cui tradizionalmente si ricollega un’accezione di negatività che rievoca discredito, anche personale, che accompagna ed etichetta sia l’impresa in senso oggettivo, sia il soggetto imprenditore. Si è in tal modo accolto l'orientamento di altri sistemi europei (Francia, Germania e Spagna), e l’espressione “fallimento” con i suoi derivati sono stati sostituiti da quella più neutra di “liquidazione giudiziale”. Cambia, poi, il significato di alcune espressioni già in uso - come quella di “crisi” - e vengono poste le basi per rivisitare la nozione di insolvenza, quale “evento che può presentarsi ad ogni livello di svolgimento dell’attività economica, sia essa in forma organizzata (ossia, imprenditoriale nel senso tradizionale), professionale o personale”, che deve essere affrontata secondo una logica unitaria che è quella della sopravvivenza del soggetto economico (in senso lato) e della sua capacità di adempiere alle obbligazioni e garantire lavoro.   
Ciò che l’odierno legislatore si propone, è di offrire gli strumenti per una tutela del credito ed una disciplina delle procedure concorsuali che passino attraverso una normativa non solo moderna ed efficace, ma anche organica, armoniosa, semplificata, capace di superare le incertezze e la frammentarietà che caratterizzano la materia.   
Il mercato internazionale, infatti, richiede accountability, per cui la disciplina deve essere migliorata sul piano della prevedibilità delle decisioni, in quanto solo una giurisprudenza uniforme offre certezze alle imprese e concorre a recuperare credibilità di fronte agli investitori stranieri. Il disegno di legge, dunque, è concepito in modo da realizzare il principio della certezza sia del diritto (oggettivo), sia dei diritti (soggettivi). Ed allora, da una parte, si riformulano le disposizioni che hanno dato luogo a contrasti interpretativi al fine di superarli, e dall’altra, si provvede a dare stabilità alle situazioni giuridiche soggettive, aumentando le preclusioni alla proposizione di eccezioni e limitando la retroattività degli effetti di alcuni meccanismi giuridici, evitando in tal modo che situazioni ormai cristallizzate possano essere rimesse in discussione ex post.
Strettamente connessa a tale necessità di mettere ordine e fare chiarezza nell’attuale complessità normativa è l’esigenza di semplificazione, che rappresenta uno dei leitmotiv di questa riforma. Essa è realizzata con una pluralità di misure, tra cui vi sono, a titolo esemplificativo, degli importanti passi in avanti nella digitalizzazione delle procedure, con la previsione di modalità di consultazione telematica del ceto creditorio, dell’obbligo in determinati casi di inviare comunicazioni via pec, e della proposizione telematica delle domande.
Nella medesima ottica, si è inteso realizzare l’obiettivo dell’armonizzazione. Così deve essere letta la previsione dell’obbligo di adottare un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza, unificando sia dal lato oggettivo – e cioè con riferimento alla procedura da seguire – sia da quello soggettivo. Si intende, infatti, assoggettare a tale procedimento di accertamento qualsiasi categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, individuo o società, imprenditore commerciale o agricolo, artigiano, e addirittura professionista o consumatore. Il tutto, però, tenendo conto delle peculiarità e soprattutto delle dimensioni di ciascuna categoria.        
Per una tutela moderna del credito, poi, si rende indispensabile velocizzare le procedure, che devono diventare più snelle ed informali, in modo da poter tempestivamente porre un freno alle situazioni di crisi. La celerità, infatti, serve non solo ai creditori (le banche lamentano la zavorra dei crediti deteriorati), ma anche al debitore, al fine di evitare che le lungaggini delle procedure e l’eccessiva onerosità delle stesse (altro punto su cui si interviene è proprio quello della riduzione dei costi, a volte tali da assorbire quasi totalmente l’attivo) comportino il definitivo ed irreversibile depauperamento del suo patrimonio.         
Altro punto chiave è il potenziamento delle soluzioni anticipate e negoziate della crisi. Viene posto l’accento sulla necessità di individuare il sorgere di uno stato di crisi il prima possibile, così da poter tempestivamente attivare procedure di allerta che impediscano di giungere alla conclamata insolvenza e, più in generale, l’innescarsi di situazioni critiche gravi ed irreversibili, con contestuale aumento delle probabilità di salvataggio dell’impresa. Questa possibilità sarà attuata con la predisposizione di misure di riorganizzazione dell'impresa tali da favorire il superamento delle situazioni di difficoltà e prevenire gli stati di insolvenza.     
Cambia culturalmente lo stesso concetto di gestione della crisi, la quale dovrà sempre più richiamare un'idea di recupero in via confidenziale dalla medesima, che oggi, invece, è vissuta come stato preliminare al fallimento.  
 Le procedure sono sempre più caratterizzate dall’informalità, prevedendosi la possibilità di dialogare con gli organi giudiziari con modalità più dirette ed immediate, e si svolgono all’insegna della negoziazione. Il momento della trattativa tra debitore e creditori, anche in via confidenziale e stragiudiziale, ma sotto  il controllo e la vigilanza dell’organo giudiziario a tal scopo opportunamente coadiuvato da organi di natura tecnica, viene privilegiato rispetto a soluzioni meramente liquidatorie. Ciò perché si è ormai acquisita la consapevolezza che la soluzione alle crisi d’insolvenza non risieda nell’assalto al patrimonio liquidabile del debitore – mai sufficiente a soddisfare, neanche parzialmente, le pretese creditorie – bensì nel consentire l’attivo recupero della vita economica del debitore, con il supporto dell’ordinamento e degli organi giudiziari, cercando di salvaguardare per quanto possibile la continuità aziendale.         
In particolare, viene introdotta una procedura di composizione assistita della crisi, affidata ad appositi organismi, potenziando il ruolo e parallelamente la professionalità degli OCC (organismi vigilati dal Ministero della Giustizia), che richiederanno sempre maggiori competenze ai professionisti. Tutti gli attori coinvolti, del resto, devono essere sempre più attrezzati, formati e specializzati, per non soccombere davanti a censure di arretratezza culturale e tecnica rispetto alle esigenze di crescita economica delle imprese.     
Infine, si ricorda il duplice intervento in tema di garanzie. In primo luogo, viene espressamente consentita e regolata la fattispecie del patto marciano, che, a determinate condizioni, fa venir meno i limiti tradizionalmente previsti dal divieto di patto commissorio. Inoltre, si ha l’introduzione di una garanzia mobiliare peculiare, un pegno senza spossessamento del debitore, fornendo risposta alle esigenze, più volte e da tempo sollevate dal mondo delle imprese, di consentire la costituzione in pegno dell’azienda, senza però sottrarre la gestione al debitore-imprenditore. Questa, infatti, appare l’unica strada realmente percorribile per salvaguardare la continuità aziendale, favorendo peraltro l’aumento della produttività, a vantaggio di tutti, specie dei creditori.

Il disegno di legge Rordorf, pur rappresentando attualmente il fronte principale sul quale siamo impegnati nel settore delle procedure concorsuali e più in generale nella lotta al risanamento delle imprese in crisi, non è l’unico. Parallelamente, infatti, sono in atto altre misure.    
Ci sono quelle, sul tavolo del CSM, volte a garantire una maggiore trasparenza nell’attribuzione degli incarichi nei fallimenti. Esse daranno il via a monitoraggi e buone pratiche per agevolare la vigilanza dei capi degli uffici sul conferimento degli incarichi di consulenza a curatori, periti e amministratori giudiziari. Si implementerà, inoltre, la buona prassi consistente nel rendere pubblici annualmente sul sito internet dell’ufficio giudiziario gli elenchi di incarichi per ciascuna sezione.
E’ stato emanato il d.l. 59/2016, conv. in l. 119/2016, recante Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, cd. Decreto banche, il quale ha previsto – tra le altre cose – un maggiore uso della telematica nei fallimenti ed una procedura esecutiva più veloce per evitare la dispersione di valori, oltre ad aver sottolineato la centralità della formazione dei professionisti delegati alle vendite (notai, avvocati e commercialisti). Si punta, ancora una volta, sull’innovazione: emblematica, al proposito, l’istituzione del portale delle vendite pubbliche, un registro elettronico con l’obiettivo finale di garantire lo svolgimento on line delle procedure esecutive (espropriazione immobiliari, procedure di insolvenza e strumenti di gestione della crisi). 
Da ultimo, nella consapevolezza che l’efficacia della risposta normativa e giurisdizionale dipende anche dalla razionalizzazione dell’accesso alla giustizia e dalla semplificazione delle forme del processo, siamo al lavoro sul disegno di semplificazione e deflazione del processo civile, nell’ambito di un programma di "degiurisdizionalizzazione" nella composizione dei conflitti, già avviato con la mediazione obbligatoria, la negoziazione assistita e la risoluzione telematica delle controversie transfrontaliere per i consumatori, che sta dando ottimi risultati. 
L’esame del disegno di legge in parola, in conclusione, sta proseguendo in Parlamento, con l’impegno, da parte del legislatore, ad essere in grado di intercettare i bisogni dell’impresa moderna con velocità ed efficienza, ma anche con efficacia degli strumenti normativi rispetto al fine giuridico-economico, tenendo conto che tutti gli interessi coinvolti devono essere conciliati, perché – per riprendere le parole della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 85 del 2013) – i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca tra loro, senza che sia possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri.


Fabrizio Giulimondi



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