mercoledì 9 agosto 2017

IL "CAVERGIVER"


Una prima importante tutela della disabilità grave e un primo importante riconoscimento dell’assistenza delle persone disabili si compie con la legge 104/1992.
Nel 1998 la legge n. 162 ha previsto programmi di aiuto per disabili presso Regioni ed enti locali.
La legge c.d. “Dopo di Noi” 112/2016 favorisce il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità, individuando e riconoscendo specifiche tutele per i disabili una volta venuti meno i genitori o altri parenti che li sostenevano (stima ISTAT: 15 per cento delle famiglie italiane sono interessate dal problema).
Con il termine caregiver familiare si designa colui che volontariamente e gratuitamente si prende cura di una persona cara consenziente in condizioni di non autosufficienza, a causa dell'età, di una malattia, di una disabilità. Le prestazioni sono rese a titolo gratuito, in funzione di legami affettivi.
La diversità con la figura professionale del c.d. badante si sostanzia nel fatto che quest’ ultimo svolge attività lavorativa domestica retribuita, mentre il caregiver pone in essere la propria attività di sostegno a titolo gratuito.
Prendersi cura di un proprio familiare è una scelta d'amore che deve essere valorizzata e sostenuta dallo Stato. Il caregiver familiare deve farsi carico dell'organizzazione delle cure e dell'assistenza; può trovarsi, dunque, in una condizione di sofferenza e di disagio riconducibili ad affaticamento fisico e psicologico, solitudine, consapevolezza di non potersi ammalare, per le conseguenze che la sua assenza potrebbe provocare, il sommarsi dei compiti assistenziali a quelli familiari e lavorativi, possibili problemi economici, frustrazione.
Queste persone vivono in una condizione di abnegazione quasi totale, che compromette i loro diritti umani fondamentali: quelli alla salute, al riposo, alla vita sociale e alla realizzazione personale.
L'impegno costante del caregiver familiare prolungato nel tempo può mettere a dura prova l'equilibrio psicofisico del prestatore di cure ma anche dell'intero nucleo familiare in cui è inserito.
Secondo quanto emerso dalle ricerche condotte su questo delicato tema, i caregiver familiari, logorati da un carico assistenziale senza pari, sono stati costretti nel 10 per cento dei casi a chiedere il part-time o il telelavoro e nel 66 per cento a lasciare del tutto il lavoro.
Il Premio Nobel 2009 per la medicina, Elizabeth Blackburn, ha dimostrato che i caregiver familiari hanno una aspettativa di vita fino a 17 anni inferiore alla media della popolazione.
Senza il lavoro svolto dai familiari, il costo economico delle tante persone che hanno bisogno di assistenza continua sarebbe insostenibile per lo Stato.
Le Regioni stanno promuovendo iniziative a tutela e garanzia dei caregiver e, a tale proposito, ne è un esempio la Regione Emilia-Romagna, che ha riconosciuto l’importanza dei caregiver familiari, la cui opera ha un valore economico e sociale di assoluta insostituibilità.
Le legislazioni di molti Paesi europei prevedono specifiche tutele per i caregiver familiari, tra le quali supporti di vacanza assistenziali, benefici economici e contributi previdenziali, come avviene in Francia, Spagna e Gran Bretagna, ma anche in Polonia, Romania, e Grecia.
Occorre defiscalizzare, come la Francia e altri Paesi europei ci hanno insegnato, le spese di cura quale condizione chiave perché i familiari possano avvalersi di aiuti offrendo lavoro regolare.
In Italia manca ancora una piena coscienza e un'adeguata tutela per queste figure, anche se come sancito dall'art. 35 della nostra Carta costituzionale e come stabilito dalla sentenza n. 28 del 1995 della Corte costituzionale, che afferma: “Il lavoro effettuato all'interno della famiglia, per il suo valore sociale ed anche economico, può essere ricompreso, sia pure con le peculiari caratteristiche che lo contraddistinguono, nella tutela che l'articolo 35 della Costituzione assicura al lavoro in tutte le sue forme” e ancora “l'articolo 230-bis del codice civile che, apportando una specifica garanzia al familiare che, lavorando nell'ambito della famiglia o nell'impresa familiare, presta in modo continuativo la sua attività, mostra di considerare in linea di principio il lavoro prestato nella famiglia alla stessa stregua del lavoro prestato nell'impresa”.
Il 13 gennaio 1986 il Parlamento europeo ha inoltre approvato una risoluzione che ha individuato l'importanza del lavoro non remunerato delle donne nella formazione del prodotto nazionale.
Dal momento che la centralità della famiglia nella cura della malattia risulta essere una dato consolidato ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, si ritiene opportuno e necessario riconoscere ai caregiver familiari una condizione giuridica di tutele, equivalente almeno a quella riconosciuta ai lavoratori domestici.
Si deve tener conto, inoltre, del riconoscimento delle competenze lavorative acquisite in ambito informale riconosciute dal decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, e dalla raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea sulla convalida dell'apprendimento non formale e informale del 20 dicembre 2012.
Il Legislatore si sta ponendo il problema di andare oltre gli istituti forniti dalla legge 104/1992 in ausilio  a coloro che assistono gratuitamente persone che versano in gravi situazioni di minorazione fisica o mentale (art.3, comma 3, legge 104/1992) (generalmente parenti)
E’ in corso, infatti, presso l’ 11ª Commissione permanente del Senato (Lavoro, previdenza sociale) la trattazione congiunta di tre ddl (2048, 2128, 2266) (“Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione del caregiver familiare”), finalizzati a riconoscere e a tutelare il lavoro svolto dai caregiver familiari oltre a riconoscerne il valore sociale ed economico per la collettività.
I testi all’esame - che presumibilmente confluiranno in un articolato unificato oppure sarà individuato uno dei tre come testo basa - contemplano una serie di benefici per i cavegiver in ambito previdenziale, assistenziale, assicurativo, fiscale in chiave agevolativa, oltre interventi di sensibilizzazione e di affidamento all’ISTAT di indagini multiscopo.

Fabrizio Giulimondi

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