martedì 25 ottobre 2016

FELICE LAUDADIO: "INCHIOSTRO" DI ALESSIA GIULIMONDI

INCHIOSTRO - ALESSIA GIULIMONDI

Recensione di  - 23-05-2016
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Inchiostro - Alessia Giulimondi
La storia di un viaggio, una storia d’amore, una storia degli errori-orrori dell’antisemitismo, quattro anni per scrivere e pubblicare un libro, a un’età verdissima. Alessia Giulimondi è l’autrice under 17 di “Inchiostro” (PP. 304, euro 13,00), romanzo pubblicato da Prospettiva Editrice nel 2015. La scrittrice bambina aveva solo dieci anni quando ha cominciato a pensare al progetto e appena quattordici quando lo ha completato. La ragazza romana (non sembri sconveniente rivelare ch’è nata il 3 marzo 1999), frequenta il liceo “Russell” nella capitale e affianca alla passione per le lettere classiche quella per la danza classica, che coltiva da piccolissima, oltre a un amore sconfinato per la lettura.
È lei la cosa più notevole del suo romanzo, una scrittrice teenager o ancora meno, ancora più giovane. Nell’ultimo anno della scuola elementare, l’insegnante aveva chiesto agli alunni di preparare un testo sull’Olocausto. Il suo non era stato preso in considerazione, ma l’idea era partita da lì, ci si è affezionata, ha continuato a svilupparla, approfondendola, modificandola. In quattro anni è nato il suo romanzo: è inchiostro, dice, perché quello è lo strumento per scrivere la parola, per rendere la comunicazione un racconto.
La vicenda, infatti, è raccontata in una lettera, che l’americano Nigel trova in soffitta. È indirizzata a lui da parte dal padre, appena scomparso accidentalmente.
Porta a Berlino, nell’estate 1944 e a due giovanissimi, Giacomo e Greta. Lui è un giovane italiano, in una Germania scossa dalla guerra, dalla dittatura nazista, dalle discriminazioni razziali e dall’odio di tutti contro tutti. Salva e soccorre una ragazza bionda e bella, tipicamente ariana, che si dice figlia di Hitler, in fuga però dal padre, che la sta facendo cercare.
Giacomo, figlio di un soldato caduto, ha perso tutta la famiglia sotto le bombe e vive da solo, cercando di tirare avanti come se niente fosse. Odia il nazismo e il suo capo. È convinto che quel pazzo, il tiranno idolatrato, stia trascinando nell’abisso il popolo tedesco e che goda del disastro, il Führer vuole vedere annegare nel proprio stesso errore il popolo eletto, che si ritiene destinato a dominare il mondo.
Poi, all’arrivo di Greta, tutto cambia, la priorità diventa metterla in salvo.
L’opinione pubblica ignorava l’esistenza di una possibile figlia del capo. Nessuno, neanche lontanamente, aveva mai parlato di un’eventuale prole. Quanto a lei, che conosce l’italiano perché lo ha appreso dall’istitutrice Francesca, è ben al corrente che il padre detesta chi si sottrae ai suoi ordini. E quella ragazzina gli è stata ribelle, a nove anni l’aveva mandata lontano, esiliata in Polonia, vicino ad Auschwitz, poi l’aveva fatta tornare a Berlino, ma gli era scappata via e nessuno la ritrovava, nonostante lo spiegamento di tutte le polizie, di tante divise, della Gestapo. Non lo ha mai visto, pur avendo passato il tempo in una prigione dorata, a sperare che venisse a prenderla. Ma non è mai venuto.
Greta Hitler: la cosa che le manca di più è l’amore, dicono a Giacomo i suoi occhi blu sinceri.
Decidono di andare in Italia. C’è una zia del ragazzo. La raggiungeranno, a Roma. Lì sarà più difficile cercare la fuggitiva. Non hanno denaro, si nascondono nei treni merci, rubano due cavalli e proseguono verso il Brennero, sempre nel tentativo di arrivare alla città sul Tevere. Intanto, sono una coppia, dividono fatiche, rischi e speranze.
Su loro e sul romanzo incombe una cappa di sensi di colpa, che si materializza in una cenere grigia, quella che sale dai camini dei campi dove vengono inviati gli israeliti, grandi e piccoli. All’inizio, in Germania, avevano cominciato a trattarli come animali: cartelli avvertivano che i cani e gli ebrei non potevano entrare nei locali pubblici. Avevano isolato quartieri solo per loro. Quando famiglie intere venivano buttate fuori dalle loro case, c’era tra gli ariani chi li insultava o chi restava in silenzio a guardare. Poi, da un giorno all’altro, avevano cominciato a sparire. Nessuno sapeva dove li portavano, nessuno sapeva che fine facessero.
“Chi li conosceva riceveva cartoline da parte loro, dicevano che stavano bene ma nessuno capiva perché dovevano partire e dove dovevano andare.”
Giacomo e Greta vanno avanti, ignorando che la ragazza è incinta. Bombe o non bombe, arriveranno a Roma?

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