sabato 14 maggio 2016

"INCHIOSTRO" DI ALESSIA GIULIMONDI - SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2016

Inchiostro
Come viene in mente ad una ragazzina di dieci anni di scrivere un romanzo?
Non so esattamente come mi sia venuto in mente. So per certo che ricordo di aver sempre sentito il bisogno di raccontare qualcosa, qualcosa che non fosse necessariamente mio, qualcosa di bello che parlasse dei miei pensieri senza mettere in campo direttamente me stessa. Mi piaceva l’idea di poter creare un universo che avrebbe potuto sottostare, a tutti gli effetti, alle mie leggi, che affascinasse e incuriosisse me prima di tutto.

Ogni personaggio  del libro ha  una  propria marcata  psicologia e personalità: a chi  ti senti più vicina?
Poiché non amo parlare di cose vicine alla mia realtà quotidiana, i miei personaggi sono quanto di più lontano possa esserci dalla mia personalità. Ma di certo, la psicologia dell’autore, volente o nolente, dovrà per forza, anche se in minima parte, influenzare quella delle sue creature. Senza dubbio, Nigel è il personaggio che più mi rispecchia, pur comunque essendo cambiata molto negli anni.

Le  emozioni che esprimi appartengono al momento specifico in cui le hai messe “nero su bianco” o fanno parte del tuo essere?
Nelle mie parole c’è molto poco del mio essere per quanto riguarda la sfera emozionale. La maggior parte delle sensazioni descritte nel romanzo non erano mai state sperimentate da me in prima persona, o perlomeno mai sono state così forti e marcate – dato che l’adolescenza sembra scarseggiare di emozioni definite e costanti. Diciamo che sono le parole che, una volta messe “nero su bianco”, fanno il loro meglio per comunicare quanto più profondamente le emozioni che vogliono esprimere.

In quale genere collochi “Inchiostro”?
Romanzo storico-introspettivo.

Il cinema che ami da sempre in che modo ha influenzato le vicende dei protagonisti del tuo romanzo?
Il cinema ha influenzato moltissimo le vicende dei protagonisti, forse anche più dei libri. La mia intelligenza creativa ha sempre lavorato attraverso immagini, scene e azioni che al momento di una prima elaborazione delle idee si manifestano come su di uno schermo dove tanti attori recitano le mie battute, si muovono e parlano come io, la regista, ho stabilito. Molti cliché e luoghi comuni presenti nel libro derivano proprio da questo: la mia mente rielabora scene e luoghi già visti, adattando e modellando questi sullo scheletro della propria storia immaginaria, per farne, poi, i muscoli e i tessuti che regolano la vita e la morte dei personaggi.
(da Salone Internazionale del libro di Torino, 13 maggio 2016)



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