domenica 3 novembre 2013

ABSTRACT DELLA TESI DI POST LAUREAM IN DIRITTO ED ECONOMIA EUROPEA CONSEGUITA DA FABRIZIO GIULIMONDI NEL NOVEMBRE 1994 PRESSO L’ISTITUTO DI STUDI EUROPEI “ALCIDE DE GASPERI” DI ROMA SU “IL DIRITTO ALLA VITA NELLE CARTE COSTITUZIONALI DEGLI STATI MEMBRI DELLA UNIONE EUROPEA”


La tesi esamina l’ esistenza giuridica  del diritto  alla vita sotto una visuale di diritto interno,  europeo ed  internazionale.

 

In primo luogo il lavoro delinea i contorni del diritto in parola.

Il potere del soggetto, certamente, esiste sul beni della vita e dell'integrità fisica, facenti parte del suo essere: beni il cui godimento è a lui attribuito e che quindi sono oggetto del suo diritto. L'attribuzione di tale godimento però comporta, sul piano giuridico, la sua difesa contro tutti i terzi, la facoltà di esigere da questi quel contegno negativo che è necessario per la conservazio­ne dei detti beni e per il loro godimento.

Quindi, il diritto sulla vita e sull'integrità fisica è anche diritto alla conservazione della vita e dell'integrità fisica, ossia, diritto all'altrui osservanza di quel contegno negativo che è necessario per tale conservazione.

L'uso ha consacrato l'espressione più idonea a marcare il lato esterno del diritto: si parla cosi di diritto alla vita, all'integrità fisica, intendendosi significare per alcuni Autori, con le cennate espressioni, non già il diritto al conseguimento della vita, dell'integrità fisica, bensì semplicemente il diritto verso i terzi alla conservazione dei beni medesimi. Per questa corrente di pensiero la vita è un bene insito nell'essere umano, che il diritto vuol conservare, di tal che la vita non può essere considerata come bene futuro, come che debba essere conseguito.

A mio avviso, confortato da autorevole dottrina, il diritto alla vita implica come suo presupposto necessario il diritto alla nascita, spettante al concepito. Avere diritto all'atto iniziale della vita significa avere diritto a cominciare la vita, ovverosia diritto a che i terzi non ostacolino l'inizio della vita.

Vita e integrità fisica attengono all'essere fisico della persona. La vita si identifica con la mera esistenza biologica, laddove l'integrità fisica si sostanzia nella presenza integrale degli attributi fisici, ossia nell'assenza di menomazioni organiche, funzionali  ed estetiche.

Questione oggetto di discussione dottrinaria è stata quella riguar­dante la posizione che assume l'integrità fisica nei confronti del diritto alla vita. Si può ritenere il diritto all'integrità fisica come semplice complemento del diritto alla vita, ovvero entrambi i diritti possono essere riferiti a beni giuridici autonomi e distinti. Il diritto alla vita, però, assume una valenza sicuramente superiore al diritto all'integrità fisica: difatti è diritto essenziale tra gli essenziali. I diritti essenziali sono quelli che hanno per oggetto i beni più elevati. Poiché tra tali beni ve ne è uno che a sua volta sovrasta gli altri, il correlativo diritto non può non riceverne una nota distintiva tale da essere denominato diritto essenzialissimo: il diritto alla vita sovrasta tutti gli altri.

Il diritto alla vita è anche diritto innato, in quanto spetta all'indi­viduo per il semplice fatto di essere munito della personalità acquisita con la nascita.

Ulteriore carattere del diritto In parola è quello di avere natura privatistica — ossia un diritto soggettivo assoluto rientrante in quelli della personalità — che spetta al singolo come tale, vale a dire considerato nella cerchia degli scopi che ha come semplice essere umano, non perdendo tale aspetto neanche qualora collida con l'autorità statale.

Certamente, insieme all'interesse privato concorre un pregnante interesse pubblico, che è diretto oggetto della tutela penale.

Proprio per una necessità sociale di carattere fondamentale la tutela della legge penale è intervenuta, relativamente al bene della vita, con assoluta priorità storica.

Senza dubbio il diritto alla vita fu riconosciuto e protetto già nell'antichità: il diritto a non essere messo a morte a titolo dl vendetta o di pena al di fuori del casi e dei modi previsti dalle norme, che limitavano appunto sia il potere di vendetta, sia il potere dl infliggere ed eseguire la pena di morte. Mancando una di queste condizioni, il diritto alla vita dell'accusato avrebbe potuto essere salvaguardato, con conseguente illiceità dell’uccisione. Nelle fonti antiche una norma a tale riguardo si ritrova nella XII Tavola.

Il diritto in argomento possiede una spiccata inerenza soggettiva: questo diritto è intrasmissibile e irrinunciabile e, inoltre, in parte delle legislazioni europee, la sua indisponibilità comprende anche l'inefficacia del c.d. consenso dell'esente diritto.

L'inefficacia del consenso è dovuta proprio alla peculiare natura del diritto alla vita, in quanto il consensus non può avere la capacità dl poter sopprimere la vita umana; al più, detto consenso può avere la valenza del mutare la qualità del reato, degradandolo a crimine di minore entità (come, ad esempio, l'art. 379 c.p.).

La Tesi studia la dimensione del diritto alla vita nell'ordinamento internazionale.

Il diritto alla vita viene, esplicitamente o implicitamente, compreso nell'elenco del diritti fondamentali delle Costituzioni europee e delle Carte internazionali.

In primo luogo pietra fondamentale di una esplicita attribuzione di detto diritto è l'art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre1948, che recita nel seguente modo: 'Ogni individuo ha il diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

L'art. 2 della Convenzione europea per la salvaguardia del diritti dell'uomo, firmata a Parigi il 20 marzo1952, resa esecutiva in Italia con la legge 4 agosto1955 n. 848, afferma: “il diritto dl ogni individuo alla vita è protetto dalla legge. La morte non può essere inflitta inten­zionalmente a nessuno, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale nel caso in cui li delitto sia punito dalla legge con detta pena.”.

Inoltre, la raccomandazione n. 874 del 4 ottobre 1979, approvata dall'Assemblea del Consiglio d'Europa, afferma con vigore il diritto alla vita come proprio del bambino fin dal concepimento. Tale raccomandazione è stata deliberata sulla base di una relazione  nella quale testualmente si legge: “ La scienza e il  buon senso mostrano che la vita umana comincia con il concepi­mento e che, da questo specifico momento, sono presenti In potenza tutte le proprietà biologiche e genetiche dell'essere umano maturo. I diritti appartenenti al bambino devono riguardare tutto il periodo della sua infanzia, senza escludere quello in cui egli si trova nel seno materno... ciascun bambino deve godere dei diritti dell'uomo ala prima che dopo la nascita.”.

Si può correttamente dire che nella espressione “ciascun bambino deve godere del diritti dell'uomo” sia incluso anche il diritto alla vita.

La Commissione per le questioni sociali e la salute del Consiglio d'Europa, nella medesima relazione, ha chiarito ulteriormente che: “ il diritto alla vita di ogni essere umano è il diritto fondamentale che precede e condiziona ogni altro diritto e che dovrebbe essere senza alcun limite o discriminazione….. genitori che danno origine ad una nuova vita non hanno alcun diritto su di essa, ma solo gli obblighi di proteggerla, nutrirla e metterla nelle migliori condizioni.”.

Nel preambolo della Dichiarazione dei diritti del bambino approvata all'unanimità il 20 novembre 1959 dall'Assemblea dell'O.N.U., si esprime la necessità di una protezione giuridica appropriata per il bambino, sia prima che dopo la nascita.

L'art. 6 par. 5 del Patto delle Nazioni Unite relativo ai diritti civili e politici, approvato dall'Assemblea Generale nel 1966, proibisce l'esecuzione della pena di morte nel confronti delle donne incinte. Anche basandosi su tale disposizione è lecito affermare che, presupposto della proibizione della applicazione della pena capitale ad una donna incinta, sia proprio il diritto che ogni soggetto concepito  consegua la vita.

La legge del 25 ottobre 1977 n. 881, con la quale è stato ratificato e reso esecutivo il  Patto citato nei territorio Italiano, a sua volta dichiara, all'art. 6 comma 11, che: “ il  diritto alla vita é inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita.”.  Anche se il diritto internazionale positivo non precisa il significato dell'avverbio arbitrariamente  usato nell'art. 6 del Patto solenne dei diritti civili e politici (“Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita”) e nell'art. 4 della Convenzione americana dei diritti dell'uomo (“No one shall be arbitrarily deprived of his life”), le Dichiarazioni delle Nazioni Unite sui diritti degli handi­cappati e degli insufficienti mentali impongono che queste persone godano degli stessi diritti degli altri e, dunque, del diritto di vivere.

La tesi riporta in subiecta materia una vasta giurisprudenza delle Corti Costituzionali degli Stati Membri della Unione Europea.

Altresì, il lavoro esamina le disposizioni delle Costituzioni europee dirette a  riconoscere, tutelare e garantire, direttamente o indirettamente, lo ius vitae.

Prima fra tutte la Costituzione italiana, che all'art. 2 recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua persona­lità.”.

Se si analizzano alla luce di quanto affermato le disposizioni della nostra Costituzione relative ai diritti e ai doveri dei cittadini, si può constatare che le loro potenzialità normative sono talmente ampie ed elastiche, da ricomprendere qualsiasi ulteriore ipotesi che lo sviluppo della coscienza sociale o della civiltà propongano come “nuovi diritti”. Del resto, se si procede ad una verifica puntuale della relatio dei presunti diritti non-enumerati (nuovi diritti) alle disposi­zioni costituzionali sulle libertà fondamentali, si trae conferma che l'ipotesi interpretativa del diritti inviolabili come clausola aperta,  rappresenta un appiglio nella costituzione formale a imperiosi “diritti dell'uomo,  non collocabili in nessuna delle caselle sino ad ora riempite dai diritti attualmente considerati tali”.

Il lavoro  si espande verso i temi dell’aborto e dell’eutanasia, valutando il conflitto sussistente fra il diritto alla vita e tali pratiche, tramite lo studio, la comparazione  e il bilanciamento dei principi giuridici sottesi ad entrambe le “posizioni” in contrasto.

La trattazione avviene seguendo il perimetro della giurisprudenza delle più importanti Alte Corti degli Stati europei e al di fuori dei confini comunitari oltre il vaglio accurato della normativa prodotta  dagli ordinamenti europei,  nordamericani ed australiani.
 

Fabrizio Giulimondi

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