domenica 8 settembre 2013

"L'ULTIMO BALLO DI CHARLOT"DI FABIO STASSI: SECONDO POSTO AL PREMIO CAMPIELLO 2013


Lo scorso 24 giugno, nel recensire il romanzo di Fabio Stassi "L'ultimo ballo di Charlot", ritenni che meritasse di vedersi aggiudicato il Premio Campiello 2013, o almeno di rientrare nella terna dei vincitori. Ebbene, la  cinquantunesina edizione del Premio Campiello è stata vinta dal compianto Ugo Riccarelli con "L'amore graffia il mondo", mentre il secondo posto è stato riconosciuto proprio a "L'ultimo ballo di Charlot" diFabio Stassi.
Pubblico di nuovo la recensione già al tempo inserita in Rubrica.
Fabrizio Giulimondi
 
 

Mi auguro che l’ultima fatica letteraria di Fabio StassiL’ultimo ballo di Charlot” (Sellerio editore) si aggiudichi il premio Campiello 2013 o, almeno, si posizioni nella terna.

Mai libro condensa nel finale potenza espressiva, parole vibranti, espressioni di così forte commozione, come  “L’ultimo ballo di Charlot”. Mai, come in questo romanzo autobiografico, pur non essendo l’autore Charlie Chaplin, la narrazione tutta, il corpo del racconto nella sua interezza, vive e si sviluppa per il finale: l’epilogo è il libro, è il romanzo, è il racconto, è la storia stessa.
La narrazione prende le forme di epistole di Charles al figlio quindicenne Christopher, con un andamento musicale, orchestrata in quattro movimenti: allegretto, adagio, andante con variazione e finale
Stassi è riuscito ad entrare nel personaggio Chaplin - Charlot in maniera così completa e coinvolgente, si è insinuato negli anfratti maggiormente  nascosti dell’animo del grande Regista e Comico, da creare un’ opera che chiunque potrebbe  immaginare essere stata scritta da Charlie Chaplin in persona.
Tecnicamente sarebbe corretto definirlo un romanzo biografico, ma in realtà è più giusto  qualificarlo un romanzo autobiografico, perché Stassi scrive con mani proprie ma con gli occhi e il cuore di Chaplin - Charlot.
Un giorno senza sorriso è un giorno perso”: la filosofia di vita di Charlie Chaplin, una visione che porta a far ridere anche la Morte, la cui intercalante presenza nella trama del libro è un artifizio splendido dell’Autore che cadenza come un metronomo l’incedere narrativo.
Ogni 25 dicembre degli ultimi sei anni terreni di Charlie Chaplin la Morte ossuta, avvolta nel suo manto nero, gli va a fare visita per condurlo con sé, ove egli non vuole andare. La maschera più conosciuta al mondo la sfida: “Se ti farò ridere tu non mi farai morire!” “Impossibile – disse la Morte – io sconosco il riso!”. Impossibile agli uomini, non a Charlot. Per sei anni Chaplin avrà salva la vita e continuerà ad arricchire l’Umanità con la sua magnificenza: “Suscitare il riso e le lacrime è stata infantile protesta contro la miseria, la malattia e il disprezzo, e il mio rifiuto dell’odio e di tutte le forme sbagliate che finiscono per governare le relazioni umane.”.
La Morte in “L’ultimo ballo di Charlot” è quella che gioca a scacchi ne Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, è quella che danza in Ballo in fa diesis minore di Angelo Branduardi, che si trastulla palleggiando con un grande mappamondo con Chas (Chaplin per gli amici), nello stesso atteggiarsi di Charlie nelle vesti di Hitler ne Il Grande dittatore.
Fra un incontro e l’altro con l’Oscura Ossuta viene narrata l’esistenza del regista – attore – comico – circense - pagliaccio, del suo peregrinare fra il Regno Unito e Los Angeles e fra la California e l’Ohio, del suo passare da un mestiere all’altro, da impagliatore a  fabbricante di candele, da tipografo a  boxeur, per infine approdare nel mondo del circo, il suo mondo, humus insostituibile e immutabile della impetuosa e inarrestabile carriera cinematografica di Charlie Chaplin e della sua intramontabile controfigura Charlot.
Charlot, insieme a Stanlio e Ollio e al nostrano Totò, darà vita al Cinema, sarà il Cinema, incarnerà la Comicità, tanto che, quando una  Morte sconsolata lo condurrà dove egli oramai vuole andare, affranta affermerà: “Oggi con te muore il Cinema!”. Finisce un  Cinema, rappresentazione del circo, dove alla allegria si mischia la tristezza, si sorride mentre una lacrima riga il volto: ”Dicono che l’universo sia nato da una grande e incomprensibile esplosione. Secondo me, deve essere successo sulla pista di un circo. Una donna volteggiava in aria e un uomo ne catturò il movimento in una scatola magica, e lo riprodusse all’infinito, fino a popolare di ombre la terra, e a riempirla di segatura, di risate, di lacrime. Non può che essere andata così, Christopher, perché solo nel disordine dell’amore ogni acrobazia è possibile”.
Nel disordine dell’amore ogni acrobazia è possibile.
Fabrizio Giulimondi
 

 

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