venerdì 5 aprile 2013

"IL FIGLIO DELL'ALTRA" DI LORRAINE LEV


Poster Il figlio dell'altra  n. 1Locandina italiana Il figlio dell'altra 


“Il figlio dell’altra” (Le fils de l’autre) film suggestivo e non scontato della registra francese, nota autrice di teatro, Lorraine Lev.
Due ragazzi, uno è israelita e vive a  Tel Aviv;  l’altro è un palestinese della Cisgiordania. L’esame del gruppo sanguigno dei giovani rileva, al raggiungimento della maggiore età di entrambi,  la loro non appartenenza alle proprie famiglie.
Il primo in realtà è musulmano e palestinese perché il suo nucleo familiare originario è quello dell’altro, mentre il secondo in realtà è ebreo, provenendo biologicamente dalla prima famiglia.
Il giudeo invero arabo è stato cresciuto da un colonnello dell’esercito israeliano e si accingeva, prima di ricevere la novella, ad entrare anch’egli nella fanteria per combattere il terrorismo islamista; il palestinese invero figlio di Davide ha un fratello “putativo” che odia visceralmente gli “occupanti sionisti”.
La scoperta da parte delle rispettive gens della verità  provoca fatalmente una trauma, una spaccatura, una frattura al loro interno, le cui conseguenze di natura personale, gli effetti psicologici  e i risvolti di natura etnico – religiosi sostanziano la trama della pellicola, che si conclude con un venticello primaverile di speranza: prima le “madri”,  poi le sorelle e, infine, gli ossi più duri, l’ ”apparente”  fratello e i “padri”, si avvicineranno sempre più l’uno a l’altro, simbolica rappresentazione della pacificazione e della osmosi  di due Popoli che si massacrano dal 1948.
La sala cinematografica sarà lungamente percorsa da vibrazioni di odio, l’odio che  infetta l’anima, la mente e il cuore di quelle Genti. Il racconto mostra l’ottusità e l’aspra contrapposizione fra uomini e donne cagionate  dalla presenza di pieghe estremistiche nei discendenti di Abramo e Maometto: tutto d’un tratto quello che era un figlio e un fratello che aveva convissuto sotto lo stesso tetto per diciotto anni, in comunione di affetti e di spirito, cessa di essere figlio e fratello perché l’uno non più israelita ed ebreo, ma palestinese ed islamico, l’altro non più palestinese ed islamico, ma israelita ed ebreo.
E’ la lontananza o la vicinanza a questa realtà tossica  che determina un diverso approccio ad essa dei protagonisti di questa potenzialmente storia vera: il figlio “erroneamente” arabo ha frequentato le scuole superiori a Parigi e il suo “essere” non è del tutto infarcito di rancore e malanimo avverso la stella di Davide, diversamente dal “presunto” fratello, che ne ha respirato tutta la velenosità, arrivando ad inserire persino l’incolpevole “finto” consanguineo nella  cerchia dei semiti da disprezzare, nonostante che i due avessero avuto, sino al momento della “rilevazione”,  un forte vincolo affettivo e di complicità.

Fabrizio Giulimondi


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