sabato 6 aprile 2013

FABRIZIO GIULIMONDI: ULTERIORI AGGIORNAMENTI SULLA "FORMAZIONE DEL GOVERNO"


Pubblico di nuovo l'articolo che riassume sinteticamente i passaggi della formazione di un nuovo Governo esaminati sotto la visuale del diritto costituzionale. Il breve  scritto tratta l'argomento tenendo inevitabilmente conto dell'attualità, applicando gli istituti e le disposizioni giuridiche giuspubblicistiche alle cronache politiche, istituzionali e parlamentari di questi giorni e di queste ore.


Fabrizio Giulimondi

SCHEMA RIASSUNTIVO SULLA “PROCEDURA DI FORMAZIONE DEL GOVERNO”


·     Le norme che presiedono al procedimento di formazione del Governo sono in gran parte non scritte e frutto di convenzioni costituzionali (fonti di diritto).
·        Il Presidente della Repubblica deve procedere alla nomina del Presidente  del Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, dei Ministri (art. 92, comma 2, Cost.). Il profilo dell’eligendo Presidente del Consiglio deve possedere requisiti politici ed elettorali tali da avere buone probabilità di ottenere la fiducia da entrambi i rami del Parlamento  (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) (art. 94 Cost.) e di mantenerla  per tutta la durata del mandato (cinque anni)(art. 60, comma 1, Cost).
 Il Presidente della Repubblica utilizza il percorso istituzionale delle consultazioni per individuare la personalità politica che, alla luce delle elezioni, meglio ha la   possibilità di formare un nuovo  Governo, ottenere la fiducia parlamentare e  rimanere in carica per tutto il periodo del mandato costituzionalmente previsto.
·        Le consultazioni si realizzano tramite l’audizione da parte del Presidente della Repubblica dei vertici dei partiti che hanno partecipato alle elezioni riuscendo ad esprimere anche  una minima rappresentanza parlamentare, gli ex Presidenti della Repubblica e le parti sociali (organizzazioni sindacali e datoriali).NB L'istituzione di due gruppi di lavoro (o commissioni di “saggi”) - per volontà del Presidente Napolitano -  costituiti da esimi costituzionalisti, economisti e da personalità appartenenti, ad alto livello, alle aree politico-partitiche  rappresentanti le "varie" maggioranze (rectius minoranze) relative uscite dalle recenti urne, sono una novità assoluta: prassi, consuetudini, convenzioni, disposizioni (gli artt. 59 comma 2,  87, 92, 104, 135 della Costituzione elencano dettagliatamente e tassativamente i poteri  del Presidente della Repubblica, fra i quali non sono affatto contemplate tali funzioni e competenze) e leggi costituzionali non ne hanno mai visto traccia. La natura di tali "organismi", lo scopo che debbano perseguire e all'interno di quale ordito costituzionale, istituzionale ed ordinamentale  essi si vadano ad inserire poco si comprende, oltre la marchiana violazione, nella loro composizione, della c.d. parità di genere.
·        Al termine delle consultazioni il Presidente della Repubblica    può:
·        se le urne hanno chiaramente espresso un vincitore (basta pensare al Governo Prodi nel 2006 ed ai Governi  Berlusconi 2001 e 2008),  nominare direttamente il Presidente del Consiglio che accetterà (per prassi costituzionale) con riserva, predisporrà  la squadra di governo (Ministri con e senza portafoglio;  Sottosegretari) e ne proporrà la nomina al Presidente della Repubblica, sciogliendo così definitivamente la riserva. Il Governo dovrà poi presentarsi alle Camere per riceverne  la fiducia.
Il Governo che non ottiene  la fiducia non è in nulla legittimato ad esercitare il potere esecutivo ed il Capo dello Stato deve stabilire se individuare altra figura a cui conferire un incarico esplorativo (il cui significato  di qui a poco esamineremo), un preicarico (il cui significato  di qui a poco esamineremo), ovvero un incarico pieno di Presidente del Consiglio dei Ministri, oppure, in alternativa, sentito il parere dei Presidenti delle Camere, procedere allo scioglimento di esse e convocare i comizi elettorali per nuove elezioni. Rimane in carica per gli affari correnti il Governo che ab origine non ha è stato destinatario della fiducia parlamentare (nella storia repubblicana gli esempi sono tre: Governi Andreotti 1972 e 1979 e Fanfani 1987). In queste tre ipotesi la Democrazia Cristiana aveva vinto le elezioni e  si era, almeno apparentemente, palesata una maggioranza politica di supporto alla formazione del Governo durante le consultazioni al Quirinale: alla prova del passaggio alla Camera e al Senato, però, il voto (palese con alzata di mano) per la mozione di  fiducia non aveva raggiunto la maggioranza assoluta dei due rami del Parlamento (art. 94 Cost).
NB Quaestio diversa sarebbe stata se l’incaricato alla Presidenza del Consiglio si fosse presentato alle Camere non avendo, sin dall’inizio, ossia a partire dalle consultazioni quirinalizie, una maggioranza politica pre-costituita. In tale evenienza, qualora il Presidente della Repubblica nominasse una personalità politica (esempio vivo di questi giorni è proprio quello dell’on. Pierluigi Bersani, che avrebbe in animo di presentarsi in Parlamento cercando lì i voti per la fiducia, anche “spuri” fra i gruppi che “formalmente” hanno dichiarato di non appoggiarlo) Presidente del Consiglio, senza che si sia manifestata già durante le consultazioni una maggioranza politica certa che, anche nei numeri, consenta in entrambe le Camere l’ottenimento da parte della nuova compagine governativa della fiducia parlamentare (maggioranza semplice, ossia 50% più uno dei presenti alla Camera e al Senato, ai sensi dell'art. 64, comma 3, Cost.), si verrebbe a determinare un vulnus  di non poco momento  nel sistema istituzionale, ordinametale e costituzionale italiano. Infatti il Governo non otterrebbe una fiducia che ab initio si sapeva che non avrebbe ricevuto, ma il Presidente della Repubblica sarebbe necessitato a mantenerlo “in piedi”, anche se solo per gli affari correnti. E’ di palmare evidenza il discrimen fra questo caso e i tre sopra indicati: in questi ultimi si era evidenziata una maggioranza politica, almeno nella sua  apparenza, durante le consultazioni innanzi il Capo dello Stato e, pertanto, esistevano le condizioni per la  conservazione delle funzioni governative, seppur per i soli affari correnti, una volta che i due Governi Andreotti e quello Fanfani non avevano ottenuto al fiducia a causa dell’”inciampo” parlamentare; nel caso in esame, invece, il potenziale Governo Bersani si presenterebbe  al Parlamento già privo di una maggioranza parlamentare certa sia a livello politico che numerico, specie al Senato della Repubblica, con una altamente probabile negazione della fiducia: il successivo mantenimento di esso per gli affari correnti risulterebbe, dunque,  un autentico monstrum giuridico.
·   in caso di difficoltà nella individuazione del Presidente  del Consiglio (maggioranze politiche diverse nei due rami del Parlamento o assenza di maggioranza in una o entrambe le Camere), affidare un incarico esplorativo ai Presidenti della Camera o del Senato,  ovvero ad altra figura di alto profilo istituzionale o, infine, al Segretario o Presidente (anche se a tale riguardo qualche dubbio sussiste)  del Partito o coalizione  che ha preso più voti, pur senza raggiungere  una maggioranza certa in entrambi i rami del Parlamento.
·        Colui che riceve l’incarico esplorativo svolge consultazioni ristrette ed  essenziali,  al termine delle quali riferisce al Presidente  della Repubblica sul loro esito negativo o positivo: 1) se negativo il Presidente dovrà decidere se affidare altro incarico esplorativo o optare per lo scioglimento delle Camere e l’indizione di nuove elezioni; 2) se favorevole e la possibilità di formare una nuova compagine governativa è stata riscontrata per lui stesso, si passerà dall’incarico esplorativo all’incarico vero e proprio;  se tale possibilità è stata registrata, invece,  in capo ad un altro, l’incarico (o il preincarico) sarà conferito all’altro.
·        Sussiste il preincarico quando il Presidente della Repubblica  affida ad una  personalità politica il compito di svolgere ulteriori consultazioni onde assumere, in una  posizione -  seppur non ufficiale -  di candidato in pectore all’Ufficio di Presidente del Consiglio, elementi di chiarificazione per la formazione del nuovo Governo: il reincarico si tramuterà in un incarico vero e proprio se le consultazioni ristrette andranno a buon fine.
·          Gli ultimi sei mesi del suo mandato il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere (art.88, comma 2,  Cost.): nella situazione che l’Italia sta attualmente vivendo, pertanto, il Governo deve essere obbligatoriamente formato (salvo il Presidente della Repubblica non si dimetta prima della scadenza naturale del proprio mandato per dare la possibilità all'eligendo Capo dello Stato di sciogliere le Camere e convocare i comizi elettorali). Solamente il nuovo Presidente della Repubblica potrà sciogliere eventualmente le Camere (il ché potrebbe determinare  un Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento in seduta comune sub condicione dello scioglimento delle Camere stesse una volta eletto).
·     Le Camere possono essere sciolte (art.88 Cost.), sentiti i Presidenti di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, sia contemporaneamente (come è sempre avvenuto), sia singolarmente (evento che potrebbe verificarsi nella vigente occasione visto che solamente il Senato è privo di maggioranza politica).
·         Una volta conclusesi le elezioni, Il Governo (vecchio) ancora in carica per gli affari correnti (lo Stato non può rimanere senza Governo) deve essere sostituito in termini rapidi da quello nuovo,  una volta ottenuta la  fiducia dal Parlamento neo eletto: solo nel caso eccezionale di dichiarazione di stato di guerra le Camere possono essere prorogate nelle proprie  funzioni costituzionali (art.60, comma 2) unitamente al (vecchio) Governo, espressione di queste ultime.
·   E’ di palmare evidenza che la proposta compiuta da alcuni commentatori politici di prorogare l’attuale Governo Monti è gravemente lesiva del dettato costituzionale
NB L'attuale prosecuzione delle attività, seppur in forma ordinaria per gli affari correnti (impedito, quindi, del potere di varare decreti-legge)(1), del Governo Monti, dimissionario a far data del 21 dicembre 2012 e privo di una maggioranza politica a seguito della nuova composizione del Parlamento a seguito delle  elezioni del 24/25 febbraio 2013 (che può convertire i decreti leggi approvati dal Consiglio dei Ministri prima delle dimissioni),  determina una grave anomalia nel sistema costituzionale, istituzionale e ordinamentale italiano. Le nuove Camere - partiticamente strutturate in maniera evidentemente diversa dalle precedenti -  debbono conferire la fiducia, ai sensi dell'art. 94 Cost, ad un nuovo Governo. Il Governo Monti se dovesse permanere - come sta permanendo -  deve essere rinviato alla Camera dei Deputati  e al Senato della Repubblica dal Capo dello Stato per ottenerne la fiducia, non avendo più valore quella ricevuta dal "vecchio" Parlamento (quello eletto nell'aprile del 2008).
(1) In data 2 aprile 2013 la Camera di Deputati all'unanimità ha approvato la risoluzione (strumento parlamentare di indirizzo della attività dell'Esecutivo diretta a manifestare orientamenti o a definire indirizzi su specifici argomenti) LVII-bis, n. 1-A-bis, riferita alla relazione sull'aggiornamento del quadro economico e il pagamento dei debiti della P.A. alle imprese. Tale atto parlamentare appare una sorta di risoluzione "delega", che conferisce la legitimatio al Governo di approvare un decreto legge in subiecta materia, ossia rappresenta una sorta di escamotage giuspubblicistico per ovviare ai non pochi e non lievi ostacoli esposti, spero lucidamente, in questo sintetico lavoro: chi lo ha concepito è dimentico che la Carta Costituzionale, segnatamente all'art. 76, ha previsto la legge delega come unico mezzo di legittimazione parlamentare  del Governo ad esercitare la funzione legislativa nelle sembianze del decreto legislativo, sconoscendo l'ordinamento giuridico italiano altre forme e tipologie di deleghe normative,  specie se si versa nell'ambito del  decreto legge, il quale  non ne necessita affatto (art.77 Cost.). 
Il Consiglio dei Ministri il 6 aprile ha approvato il decreto legge che consentirà il pagamento di una parte dei crediti che le imprese private con più di venti dipendenti vantano nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Premessa, a livello contenutistico, la giustezza etica di tale provvedimento d’urgenza (che consente finalmente l’adempimento di prestazioni di carattere pecuniario da parte delle stazioni appaltanti pubbliche  a fronte di appalti, forniture e servizi realizzati da operatori economici in esecuzione di contratti), oltre che economica (attivandosi il moltiplicatore K di spese e consumi da parte dei soggetti privati, secondo gli insegnamenti macroeconomici di Keynes), il decreto legge, così come esplicitato e argomentato nell’articolo, è costituzionalmente illegittimo.
NB Non solo: ora si pone un problema di diritto parlamentare di non poco conto. I regolamenti di Camera (art.19, comma 2) e Senato (art.21, comma 3) prevedono il rispetto della dicotomia maggioranza-opposizione nella composizione delle singole Commissioni permanenti (al pari degli altri organismi anche bicamerali), id est i commissari devono rappresentare proporzionalmente  i grupppi parlamentari presenti nella Assemblea e, di conseguenza, le quote spettanti alla maggioranza e alla minoranza. Tale strutturazione e, quindi, istituzione di questi fondamentali organi legislativi del Parlamento come potrà conseguirsi  finché non sarà formato un nuovo Governo, che potrà finalmente  demarcare numericamente  la maggioranza e la minoranza politica? E come si potrà procedere alla conversione in legge entro sessanta giorni dell’atto normativo in esame finché non si darà vita alle Commissioni, atteso che esse sono deputate a svolgere il fondamentale ruolo consultivo (sede consultiva) ed istruttorio (sede referente) sul disegno di legge di conversione del decreto legge, articolato  che diverrà definitivo solo  con la votazione da parte di entrambe le Aule (per prassi prima da quella del  Senato, in seguito  da quella della  Camera dei Deputati)?
  Prof. Fabrizio Giulimondi


La presente pubblicazione è depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi

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