giovedì 6 dicembre 2012

DON GIOVANNI D'ERCOLE:"NULLA ANDRA' PERDUTO, IL MIO GRIDO DI SPERANZA PER L'ITALIA"


Questa recensione si allontanerà da quelle fino ad ora pubblicate su questa rubrica, perché l’Autore di "Nulla andrà perduto, il mio grido di speranza per l’Italia" (Piemme incontri) è don Giovanni D’Ercole.
Padre Giovanni d’Ercole,  prima di essere Vescovo Ausiliario della Arcidiocesi dell’Aquila dal 20 dicembre 2009, eminente esponente della Segreteria di Stato della Santa Sede per venti anni,  ancor prima  Vice Direttore della Sala Stampa vaticana e, prima ancora,  Provinciale per il centro-meridione d’Italia della Congregazione di don Orione, ha ricoperto,  a cavallo fra il 1984 e il 1985, il ruolo di Parroco della chiesa orionina di Ognissanti in Roma -  ove esercitava la propria missione il “gruppo Speranza” da me fondato e diretto, teso all’aiuto dei tossicodipendenti, farmacodipendenti e alcolisti – e vi era approdato dopo nove anni come missionario in Costa d’Avorio.
L’ho rincontrato dopo un lungo lasso di tempo lo scorso anno a l’Aquila, nel corso della inaugurazione di una struttura destinata a riavvicinare le donne e uomini dell’Aquila, devastati dal terremoto del 6 aprile 2009 dentro e fuori.
L’ho rivisto in abiti talari vescovili, ma per me è sempre don Giovanni, o, meglio, Giovanni.
Le sue doti letterarie già mi erano note, frutto anche delle esperienze avute  in veste di giornalista della carta stampata prima,  del video poi  , passando da  Telepace, per arrivare a  programmi di contenuto religioso - spirituale alla  RAI, molto apprezzati da credenti e non.
Il lavoro letterario di Padre D’Ercole è strutturato intorno al dialogo fra lui e una giovane ragazza, Alice, da cui ha ricevuto una mail che manifestava il suo disgusto per il mondo e la sua volontà di farla finita.
 A questa mail don Giovanni risponde con questo libro.
Una mail: sono passati 22 anni da quando don Giovanni pubblicò nel 1990 “Lettere dalla droga” (ed. Piemme), scritto centrato sul dialogo epistolare fra lui e ragazzi che uscivano dalla tragica esperienza della tossicodipendenza, attraverso il duro cammino terapeutico e di lavoro  della “Comunità Incontro” di Don Pierino Gelmini.
L’epistola, la missiva, la lettera cartacea era lo strumento comunicativo adoperato dall’Autore per relazionarsi con i suoi interlocutori e trattare temi delicati e drammatici.
Oggi con “Nulla andrà perduto” è la e mail: il dialogo scritto è telematizzato, lo scambio di idee è informatizzato, la trasmissione delle idee, del pensiero e delle emozioni avviene per mezzo della elettronica. Cambia il mezzo, evolve e si sviluppa la comunicazione,  ma le domande sono le medesime.
A pagina 155 don Giovanni riporta questi interrogativi: “Perche vivere? Perché morire? Perche la sofferenza e l’ingiustizia?”
Sono domande  che nascono con l’uomo. L’essere  umano è tale in quanto si pone queste questioni.  Appena l’homo sapiens apparve in Etiopia 195.000 anni prima della nascita di Cristo e la sua mente ha cominciato a cogitare, i primi quesiti posti a sé stesso sono stati questi.
Cogito ergo sum, la locuzione cartesiana in forza della quale è innalzato l’essere a essere umano in quanto pensante e svolgente attività raziocinante e, quindi l’uomo è tale perché pensa e il pensiero è l’uomo stesso,  ha come suo corollario: “Sum  perché mi pongo gli interrogativi sulle ragioni del  male, sulle ragioni del  dolore, sulle ragioni della  sofferenza, specie se il male, il dolore e la sofferenza coinvolgono innocenti e bambini, non comprendendo perché debbano essere vittime del libero arbitrio esercitato diabolicamente da altri”.
Sono interrogativi coessenziali alla stessa esistenza umana,  ai quali  Papa Benedetto XVI ha risposto in maniera grandiosa definendo il male uno scandalo: lo scandalo del male. Il male  è inspiegabile e inaccettabile, irrompe scandalosamente dentro l’ uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Colpiscono a tale riguardo le citazioni del pensiero di alcuni pensatori, come il francese Leon Bloy, vissuto fra l’800 e il ‘900, Pellegrino dell’Assoluto, che definisce il male come necessario. Affermazione forte e, se vogliamo,  sconcertante:  il male è necessario per arrivare a stadi successivi e superiori verso il  Bene e la  Felicità, per giungere all’unico Bene e Felicità a cui l’essere umano deve aspirare: Dio
Don Giovanni D’Ercole percorre il suo cammino narrativo  indicando  la vita  di molti eroi e campioni del coraggio, dell’amore e della vera coerenza,  contemporanei e non, laici ed ecclesiastici , alcuni di loro martiri del nazismo (il sacerdote polacco padre Massimiliano Kolbe);  del comunismo (il cardinale vietnamita Francois Xavier Nguyen Van Thuan: 13 anni in carcere in Vietnam, di cui 9 in completo isolamento in un buco senza luce e in compagnia di un serpente); dell’islam oltranzista, oramai massicciamente  diffuso negli Stati a maggioranza musulmana; e della follia brigatista, armata dalla menzogna dei soliti noti, come nell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi il 17 maggio 1972.
La fatica letteraria di Giovanni  affronta molti temi pruriginosi,  incluso quello  mediaticamente molto sentito della pedofilia di cui alcuni preti si sono resi ignobilmente responsabili.
Due premesse e una curiosità  a tale proposito.
Gesù dice: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare (Marco 9,42).
L’art. 61 del codice penale, nell’elencare le circostanti aggravanti comuni, inserisce fra esse la condotta delittuosa posta in essere da un ministro di culto: io, se non fosse tacciata di violare l’art. 3 della Carta Costituzionale,  trasformerei quest’ultima da aggravante comune (aumento di un terzo della pena base) ad aggravante ad  effetto speciale (aumento oltre il terzo della pena base, ossia  prescrizione  di autonoma e sensibilmente superiore sanzione in relazione a quella base).
La curiosità che mi assilla è conoscere i casi criminali similari presso le altre confessioni cristiane e acristiane.
Date le premesse e in attesa di avere risposte alla mia curiosità, mi preme condividere quanto affermato da Giovanni: la pedofilia è la conseguenza estrema della più assoluta libertà sessuale. Dal tutto è permesso passare alla pedofilia non è un salto così lungo.  Ricordo Maurizio Costanzo decantare la libertà di una donna ospite della sua trasmissione di fare la porno attrice, scandalizzandosi,  però, della proposta  fattale  di  avere rapporti sessuali con  animali. E perché no? E’ Costanzo – o chi per lui – a decidere i confini della morale? La Chiesa no,  Costanzo si? e perché non con le bestie? o altro? Se è tutto permesso!
La assoluta, incondizionata, incontestabile libertà sessuale non è altro che la filiazione del relativismo etico, pilastro (insieme a quello religioso, culturale e cognitivo, come ben argomentato da  Magdi Cristiano Allam in Grazie Gesù,  Mondadori, collana Frecce), dell’unica ultima e vera ideologia rimasta: il politicamente corretto (su cui Tony Blankley, in L’ultima change dell’Occidente, ed.  Rubettino, si intrattiene  ampliamente), interpretazione decadente  e versione radicaleggiante di certo pensiero progressista,  orfano della concezione marxista.
Profetico fu il grande romanziere e intellettuale russo Fedor Dostoevskij -  come viene riportato a pag. 170 del libro – nel romanzo I demoni: “Molti pensano che sia sufficiente credere nella morale di Cristo, per essere cristiani. Non la morale di Cristo, né l’insegnamento di Cristo salverà il mondo, ma precisamente la fede del Verbo che si è fatta carne.” E monsignor D’Ercole aggiunge: “C’è chi segue un cristianesimo senza Cristo; si parla di valori cristiani indipendentemente da Cristo. Corollario della miscredenza- afferma Dostoevskij – è la superficialità, che è una appendice della ignoranza e si nutre di dilettantismo culturale. Questa superficialità emerge nel modo con cui sono affrontate le grandi questioni etiche.”.
Il linguaggio è diretto e colloquiale -  talora a mo’ di omelia, di quelle omelie profonde e, nello stesso tempo, accessibili a tutti (senza cadere nel banale e nel semplicistico), oramai in via di estinzione  - e si rivolge alle tante e ai tanti Alice, alle loro grida silenziose, a quelle grida inascoltate di ragazze  e ragazzi che ricordano la potenza evocatrice pittorica dell’Urlo di Edvard Munch (che a me fa venire subitaneamente alla mente le voci strillanti dei non nati).
La parola Speranza è il leitmotif  del libro, la linea di pensiero guida del racconto, il canovaccio della narrazione, la lente attraverso cui guardare gli accadimenti della vita, la  weltanschauung dell’Autore.
Mi è piaciuta l’agilità comunicativa (e qui si vede il Giovanni televisivo, dispensatore  anche di consigli a ecclesiastici e suore poco avvedute nell’accettare certi inviti ad alcuni tipi di talk show),  il periodare  infarcito di richiami culturali e di idee supportate e rafforzate dai pensieri dei grandi filosofi, pensatori, scrittori e teologi antichi e moderni,  il richiamo agli aforismi di vecchi saggi africani e di anziane, altrettanto sagge, abruzzesi.
Il lettore, però,  non è abbandonato a se stesso (non lo ha ordinato il medico di conoscere la Patristica, ossia le opere dei Padri della Chiesa, primi fra tutti San Tommaso D’Aquino e sant’Agostino),  perché ogni enunciato riportato fra le pagine è spiegato in maniera didascalica e chiara …tanto che anche il sottoscritto riesce a comprenderlo!
Signore e Signori, consiglio natalizio di lettura: acquistatelo (euro 15), leggetelo e poi mi saprete dire
Fabrizio Giulimondi

Post Scriptum: doverosa postilla dovuta al fatto che mentre il mio antico amico Monsignor  Giovanni D’Ercole,  Vescovo ausiliario de L’Aquila, metteva nero su bianco il suo cuore, ancora erano in corso i due procedimenti giudiziari che lo riguardavano. Ovviamente i giornali, specie quelli che godono delle disavventure vissute da cattolici, ancor di più se indossano il clergyman, sono zelanti nel riportare notizie di avvisi di garanzia, indagini penali e iscrizioni in registri tribunalizi, ma non altrettanto solerti nel rammentare alla Comunità, con la stessa dovizia di particolari, che il destinatario delle attenzioni della magistratura penale è risultato completamente estraneo ai fatti a lui contestati.
Bene: Monsignor (o don o Padre, come meglio desiderate)  Giovanni D’Ercole, Vescovo ausiliario de L’Aquila, è stato, nell’uno archiviato, nell’altro, il 14 giugno 2012, assolto con formula piena perché in fatto non costituisce reato.
Fabrizio Giulimondi.

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