mercoledì 2 novembre 2011

NUNZIATA M.: "PAR IN PAREM NON HABET IURISDICTIONEM" - RAGGUAGLIO SUI LIMITI DI UN ENUNCIATO, IN MARGINE AL RECENTE CONFLITTO TRA LA REPUBBLICA FEDERA


Sentenza C. Cass., sez. I, 21 ottobre 2008, in c. Milde.

1. Coordinate (giuridiche) di riferimento.
2. Stato (attuale) della questione.
3. Prevedibili (ma auspicabili?) sviluppi.

1. Coordinate (giuridiche) di riferimento.

Con la sentenza (1) in argomento, la Corte suprema di cassazione ha definitivamente respinto il ricorso proposto dalla Repubblica Federale di Germania, avverso la precedente sentenza (2) della Corte militare di appello, confermativa della originaria sentenza (3) del Tribunale militare di La Spezia, relativamente all’ affermazione della propria qualità di responsabile civile (4) e conseguente sua condanna al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite (5), in dipendenza dell’eccidio (6) di Civitella, avvenuto il 29 giugno 1944. Anche detto eccidio, come quelli, altrettanto tragici sebbene connotati da maggiore notorietà per la pubblica opinione, delle Fosse Ardeatine(7) e di Sant’ Anna di Stazzema (8), appare inquadrabile in corrispondenti fattispecie giuridiche: non già “rappresaglia” (a’ sensi dell’ art. 8 del r.d. 8 luglio 1938, n. 1415, cd. ‘legge di guerra’) (9), le quali avrebbero presupposto, in quanto forme ritorsive di diritto internazionale, la prova della responsabilità dello Stato belligerante nelle condotte ostili che ne costituivano l’antefatto logico (10), quanto piuttosto “sanzioni collettive” contro la popolazione civile non belligerante (11) (impropriamente riconducibili alla previsione dell’ art. 65 della cd. ‘legge di guerra’, poiché in alcun modo considerava ammissibili atti violenti contro i civili), in quanto reputata solidalmente responsabile delle attività ostili condotte dai partigiani contro le truppe germaniche, ovviamente prescindendosi dalla riferibilità di dette azioni allo Stato nemico (12).


Entrambi tali accadimenti configurano, dunque, atti illeciti di guerra (13), in quanto tali vietati dal diritto bellico (14) e sanzionati dalle leggi militari di guerra (15): nel nostro ordinamento risultano incriminati dall’ art. 185 c.p.m.g. (16), e la relativa cognizione spetta ai Tribunali militari (17), anche quando commessi da militari nemici in danno di cittadini italiani (18).


Punto dirimente, quindi, è che si sia di fronte non già ad espressioni del potere giuridico di esercitare una “rappresaglia”, quanto a pure intimidazioni violente, costituenti crimini in senso proprio (19): in tali ipotesi, ricorrendo l’ uso di violenza, per cause non estranee alla guerra, contro privati nemici, che non prendevano parte alle operazioni militari, ricorre il reato p.e p. dall’ art. 185 c.pm.g., punibile in forza dell’ art. 13 c.p.m.g.


Tale attività risulta, poi, giuridicamente imputabile direttamente allo Stato tedesco, costituendone i rispettivi militari organi esecutivi (20) i quali, nel caso di specie, rispondevano direttamente al relativo capo supremo: invero, nell’ ordinamento giuridico dello Stato nazista, la volontà del Fuhrer era primaria fonte di diritto, di rango legislativo (21), e la esecuzione dei relativi ordini risultava, pertanto, giuridicamente insindacabile da parte dei destinatari (22).

2. Stato (attuale) della questione.

L’analisi, storica e giuridica, degli eccidi ai danni della popolazione civile realizzati dalle forze occupanti tedesche in Italia dopo l’ 8 settembre 1943, rivelatrice di una sottostante logica di sterminio, ne conferma la indubitabile qualificazione di crimini contro l’ umanità, concretando atti che ripugnano alla coscienza dell’ uomo ed offensivi dei valori tutelati negli ordinamenti di tutte le nazioni civili.


Date siffatte premesse di inquadramento logico-giuridico, va qui rammentato che nel caso in esame, in particolare, la principale doglianza dello Stato tedesco, ricorrente quale responsabile civile per il risarcimento dei danni da reato, si è imperniata sull’ asserito difetto assoluto di giurisdizione nei propri riguardi. Nella specie si è invocata la doverosa applicabilità al caso in esame del principio di immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione nazionale di un altro Stato, da considerarsi valevole anche per il caso di perpetrazione di gravi violazioni di diritti umani.


La cennata sentenza di rigetto della pretesa del ricorrente, da parte della Corte di cassazione italiana, ha - conseguentemente - determinata la recente proposizione di un conflitto (23) da parte della Repubblica Federale di Germania avverso la Repubblica italiana innanzi alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja (24) permette di esaminare una delle fattispecie tradizionalmente proprie del diritto internazionale classico (25): quella dell’ “immunità giurisdizionale degli Stati”.


Presentandosi la comunità internazionale (26) essenzialmente quale una comunità frazionata in una pluralità di Stati (27), ciascuno dei quali esercita la propria rispettiva sovranità su di un dato territorio e sulla collettività che in esso insiste, ne discende la esclusione dell’ esercizio di detto potere sovrano da parte di ciascuno nei confronti degli altri soggetti originari compresenti anche in quanto, a loro volta, connotati, parimenti, della medesima potestà di imperio: il noto brocardo richiamato in epigrafe esprime questa primigenia forma di reciproco riconoscimento tra organizzazioni politiche che non derivano il proprio potere di governo da alcun ente superiore od altra potestà di comando (28).


La immunità degli Stati, basata su norme consuetudinarie del diritto internazionale, implica, pertanto, la esenzione dalla giurisdizione interna di un altro Stato dei rapporti giuridici di altri soggetti di diritto internazionale: il conseguente difetto di giurisdizione (29) è rilevabile d’ ufficio dal giudice nazionale (30).


In conseguenza di tale assunto, cioè sulla base del principio di parità tra gli Stati, ogni Stato è immune dalla giurisdizione civile (31) di altro Stato: ancorché detto principio sia già evoluto, grazie all’ elaborazione giurisprudenziale italiana che ha distinto tra gli atti “iure imperii” (32) e gli atti “iure gestionis” (33), nel senso di una immunità relativa, che, accogliendo una prospettiva ristretta, ha ammesso la chiamata in giudizio di uno Stato straniero in relazione a quegli atti di carattere privatistico, posti in essere dai suoi organi al pari di ogni altro soggetto privato (34).


La doglianza della Repubblica Federale di Germania, Stato ricorrente, si impernia sull’ assunto che la Repubblica italiana, attraverso ripetute pronunce di suoi organi giurisdizionali, abbia violato i propri doveri scaturenti da norme di diritto internazionale: in particolare, la violazione della propria immunità dalla giurisdizione nazionale discenderebbe dall’ orientamento espresso dalla Corte suprema di cassazione, nel cd. caso Ferrini (35), e condiviso dal supremo Collegio nella decisione surriportata nel caso Milde, attinente all’ eccidio di Civitella (36).


Orbene, si è di fronte ad un orientamento della nostra giurisprudenza di legittimità che ben può dirsi definitivamente consolidato: infatti, esso risulta essere stato ribadito, a contrario, ancora di recente. Invero, decidendo su di un regolamento di giurisdizione attinente ad una controversia tra cittadino italiano e Stato straniero, circa il mancato rimborso di buoni del Tesoro, il supremo Collegio ha ulteriormente insegnato che il principio di immunità appare soggetto a limiti derivanti da una sorta di “ordine pubblico internazionale”, consistente nella intangibilità dei diritti inviolabili della persona umana, con il correlato obbligo degli Stati di rispettarla, che assurge a principio fondamentale dell’ ordinamento internazionale (37). In tale occasione si afferma che, nella specie, non è invocabile la deroga all’ immunità derivante da violazioni di diritti fondamentali dell’ individuo o da minacce alla salute dei cittadini, che, pur se riconducibili ad atti dello Stato straniero posti in essere iure imperii, ben può essere assoggettata al sindacato del giudice nazionale (38).


Atteso tale, ormai consolidato, arresto della nostrana giurisprudenza di legittimità, con la declaratoria della sussistenza della giurisdizione del giudice italiano nei confronti della Repubblica Federale tedesca, derogandosi, per il caso di Stato straniero autore di un crimine di guerra, al principio di diritto internazionale consuetudinario dell’ immunità giurisdizionale (generalmente riconosciuto nel nostro ordinamento in forza della clausola di cui all’art. 10 Cost.), l’unica, residua, forma di tutela giurisdizionale a disposizione dello Stato straniero per oittrenere la riaffermazione della propria immunità, è stata ritenuta la presentazione di un ricorso all’International Court of Justice, sede propria delle controversie tra Stati, vertenti su norme del diritto internazionale.


3. Prevedibili (ma auspicabili?) sviluppi.

La immunità giurisdizionale (nella accezione cd. ristretta) dello Stato straniero rispetto ad altro Stato è principio di diritto internazionale consuetudinario in base al quale uno Stato non può essere chiamato a rispondere avanti agli organi giurisdizionali di altro Stato del compimento di propri atti posti in essere nell’ esercizio della propria sovranità (cioè: iure imperii), salva soltanto la residuale ipotesi di sindacabilità degli atti posti in essere da uno Stato con strumenti giuridici e per finalità eminentemente privatistici (cioè: iure privatorum) (39).


Costituisce, secondo l’ odierno diritto vivente (40), deroga al principio di immunità cd. ristretta, la commissione di un crimine di guerra da parte di uno Stato straniero, in quanto devono ritenersi sindacabili anche gli atti iure imperii violativi di diritti fondamentali dell’uomo, in virtù dell’obbligo generale, anch’esso scaturente dall’ ordinamento internazionale, di rispetto dei diritti inviolabili dell’ individuo (41).


Poiché oggi si è, con il citato ricorso, investita della competenza a decidere della controversia la C.I.G., quale apposito organo arbitrale internazionale istituito per la risoluzione di controversie su base volontaria degli Stati, la questione si è conseguentemente spostata in sede sopranazionale (42).


La decisione della C.I.G. è vincolante per gli Stati-parte (43): invero, qualora una parte non dia esecuzione agli obblighi che su di essa ricadono in base alla sentenza emessa dalla Corte, l’altra parte potrà adire il Consiglio di sicurezza ONU per fargli emettere raccomandazioni o decidere misure da adottare per dare esecuzione alla sentenza (art. 94, c. 2 dello Statuto della Corte).


Pertanto l’esito del giudizio intrapreso innanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, in sede contenziosa, competente in tema di controversie tra Stati, vertenti su norme del diritto internazionale, non potrà che produrre ripercussioni nell’ ambito interno, oltre che in sede di rapporti internazionali.


Per quanto riguarda i possibili sviluppi nella sfera ordinamentale interna, essi possono essere, essenzialmente, riassumersi nei due estremi:


- da un lato, la C.I.G. può dichiarare che la decisione assunta dagli organi giudiziari interni dell’ Italia è violativi del principio di diritto internazionale consuetudinario dell’ immunità giurisdizionale dello Stato straniero;


- dall’ altro la C.I.G. può affermare che effettivamente il principio dell’ immunità giurisdizionale trovi un proprio ulteriore limite (oltre che per gli atti iure privatorum, con precipuo riguardo agli atti iure imperii), del rispetto dei diritti fondamentali ed inviolabili dell’ uomo, anch’ esso di pari collocazione gerarchica nell’ ordinamento internazionale e dunque cogente per gli Stati.


Nel primo caso, appare prevedibile quale essenziale ripercussione nell’ ambito interno dell’ Italia, al fine di uniformarsi al decisum della C.I.G., il conseguente obbligo di un travolgimento del giudicato formale della Corte di cassazione, che potrebbe ottenersi solo con un intervento normativo di rango legislativo, la cui costituzionalità discenderebbe dall’ esigenza di conformarsi al diritto internazionale, in virtù del combinato disposto degli artt. 10 (vincolatività delle norme di diritto internazionale per l’ordinamento interno) e 11 (consenso alle limitazioni di sovranità discendenti dall’ adesione ad un ordinamento sopranazionale che assicuri la giustizia fra le nazioni) Cost..


Nel secondo caso, potrebbe discenderne, sul piano delle relazioni internazionali, a seguito dell’ esigenza di dare esecuzione al giudicato formale della Corte di cassazione, ove concretamente ritenuto non violativo dell’ordinamento internazionale per una decisione adesiva della C.I.G., un pregiudizio dei rapporti diplomatici tra Repubblica Federale di Germania e Repubblica italiana, nella misura in cui gli organi della seconda dovrebbero procedere all’ apprensione e liquidazione di beni della prima, presenti sul territorio nazionale, al fine di corrispondere le somme dovute a titolo di risarcimento dei danni in favore dei danneggiati da reato.


Ancorché, in una prospettiva schiettamente politica, la seconda prospettiva potrebbe apparire, concretamente, non desiderabile, tuttavia va detto chiaramente che, in un’ottica puramente deontologica, una decisione della C.I.G. che riconosca la corrispondenza del giudicato della Corte di cassazione, secondo cui non sussiste immunità giurisdizionale in caso di crimini di guerra dello Stato straniero, ad un effettivo principio, scaturente dall’ ordinamento internazionale, di effettività della salvaguardia dei diritti inviolabili della persona umana, donde discende l’ obbligo cogente ed inderogabile per ciascuno Stato di evitarne ogni possibile pregiudizio, apparirebbe nettamente preferibile, in quanto conforme alle aspirazioni di costante affermazione dei valori universali della dignità umana cui dovrebbe tendersi inarrestabilmente e senza cedere a divergenti tentazioni derivanti da momentanee convenienza od opportunità.

Dr. Massimo NUNZIATA


Magistrato militare


NOTE

(1) Cass., sez. I, 21 ottobre 2008, Repubblica Federale di Germania, in c. Milde, in questa Rassegna, ivi, ove sono riportate anche le requisitorie proposte dal procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione.


(2) C.m.a., 18 dicembre 2007, Milde, in questa Rassegna, ivi.


(3) T.m. La Spezia, 10 ottobre 2006, Milde et al., in questa Rassegna, ivi.


(4) “Responsabile civile” è il soggetto obbligato (artt. 83 e 85 c.p.p.) alle restituzioni od al risarcimento del danno cagionato in dipendenza del fatto di reato commesso dall’ imputato, a norma delle leggi civili (artt. 2047-2054 c.c.; 274 e 878 c. nav.) e penali (art. 185 c.p.). Esso è parte del processo penale ed in quanto tale è legittimato a proporre impugnazione, con gli stessi mezzi che la legge attribuisce all’ imputato, contro le disposizioni della sentenza riguardanti la responsabilità dell’ imputato e contro quelle relative alle restituzioni, al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese processuali (art. 575 c.p.p.).


Sui profili processuali di detta figura: GUALTIERI, I responsabili civili nel processo penale, Napoli, 1969; AMODIO, Parte civile, responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria, in Amodio-Dominioni, a cura di, Commentario del nuovo codice di procedura penale, vol. I, Milano, 1989, pag. 433 ss.; CHILIBERTI, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, 1993; DE ROBERTO, Le parti private diverse dall’ imputato, in Documenti giustizia, 1988, 6, col. 80 ss.; Id., Responsabilità civile e processo penale, Milano, 1990; GHIARA, Art. 83, in Chiavario, a cura di, Commento al codice di procedura penale, Torino, 1993, pag. 56 ss.


Sui profili sostanziali del risarcimento del danno da reato: ALPA e ZENO ZENCOVICH, Responsabilità civile da reato, in Enc.dir., vol. XXXIX, Milano, 1988, pag. 1274 ss; DASSANO, Il danno da reato, Torino 1993; FALZEA, Danno (nascente da reato), in Enc.giur. Treccani, Roma, 1988, vol. X; ROMANO, Risarcimento del danno da reato, diritto civile, diritto penale, in Riv.it.dir.proc.pen., 1993, pag. 865 ss.; ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile da reato, Padova, 1989.


(5) Per la legittimazione a costituirsi parte civile per il risarcimento del danno da reato, sia morale che patrimoniale, degli enti pubblici locali nel cui ambito territoriale sia stato commesso un eccidio in danno della popolazione civile non belligerante, in dipendenza della sofferenza, del dolore e dello spossamento subiti dalle collettività di cui detti enti sono centri esponenziali: Cass., sez. I, 8 novembre 2007, Sommer et al., in Foro it., 2008, II, col. 456 ss., con nota di richiami di Armone, priva di precedenti specifici in termini.


(6) Per la sussistenza della giurisdizione del giudice penale militare in ordine al reato militare p. e p. dall’ art. 185, c.2, c.p.m.g.: Cass., sez. I, 16 novembre 1998, Hass, in Foro it., 1999, II, col. 273, con nota di Di Chiara, ivi.


Pure vanno segnalate: Cass., sez. I, 10 febbraio 1997, Priebke, in Foro it., 1997, II, col. 137; Cass., sez. I, 27 giugno 2003, Priebke, in Foro it., 2005, II, col. 82, con nota di richiami di Nicosia.


(7) Per l’ inquadramento giuridico di detto eccidio: MALTESE, La “rappresaglia” delle Cave Ardeatine, in Foro it.,1999, II, col. 591 ss.


Per un’ analisi alla luce del coevo diritto bellico: AGO, L’ eccidio delle Fosse Ardeatine alla luce del diritto internazionale di guerra, in Riv.it.dir.pen., 1949, pag. 216 ss., in calce alla sentenza del Trib. militare terr. di Roma, 20 luglio 1948, Kappler et al., ivi.


La sentenza definitiva del T.S.M. 25 ottobre 1952, Kappler, si legge in Riv.pen., 1953, pag. 672 ss.


(8) Per un inquadramento di detto eccidio, dichiaratamente svolto in parallelo con quello precedente e ben più noto: MALTESE, Sant’ Anna di Stazzema e Cave Ardeatine, in Foro it., 2008, II, col. 458 ss.


(9) Cfr. PANEBIANCO, Rappresaglia, in Enc.giur. Treccani, Roma, 1990, vol. XXV.


(10)Cfr. CAPOTORTI, “Rappresaglie” esercitate dall’ occupante per atti ostili della popolazione nemica, in Foro pen., 1948, col. 111 ss.


(11)Come autorevolmente rimarcato in dottrina: cfr. VENDITTI, Il diritto penale militare nel sistema penale italiano, Milano, 1997, pag. 258 s.


(12)T.S.M. 13 marzo 1950, Wagner et al., in Giust.pen., 1950, II, col. 743 ss., ove espressamente si sancisce che la pena collettiva “pecuniaria o d’ altra specie”, come si esprime l’ art. 50 del Regolamento annesso alle Convenzioni dell’ Aja, non può estendersi alla pena di morte.


(13)Cfr. MAZZI, Guerra (atti illeciti di), in Digesto, disc.pen., vol. VI, Torino, 1992, pag. 53 ss.


(14)Elemento già a suo tempo sottolineato dalla dottrina pubblicistica: CAPOTORTI, Qualificazione giuridica dell’ eccidio delle Fosse Ardeatine,in Foro pen., 1948, col. 623 ss.


(15)Per un caso in cui, in modo apparentemente eterodosso, un consimile evento è stato invece ricondotto ad incriminazione del codice penale comune e giudicato dall’ Autorità giudiziaria ordinaria: C. Assise S. Maria C.V., 31 marzo 1995, Emden, in Giur. merito, 1996, pag. 94, con nota di, sia consentito: NUNZIATA, L’ eccidio di Caiazzo: sua esatta qualificazione giuridica, ivi.


(16)Cfr. BRUNELLI, Reati contro le leggi e gli usi di guerra, in Enc.dir., vol. XXXVIII, Milano, 1987, pag. 1252 ss.


(17)Giusta il combinato disposto degli artt. 103, c. 3 Cost. e 263 c.pm.p.: cfr. FLAMINI, art. 263 c.p.m.p., in Brunelli-Mazzi, a cura di, Codici penali militari. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Milano, 2001, pag. 957 ss.


(18)Giusta il disposto dell’art. 13 c.p.m.g.: T.S.M., 16 marzo 1954, Reder, in Giust.pen., 1955, II, col. 982 ss., con nota redaz. di richiami.


In dottrina cfr. MAZZI , artt. 1-16 c.pm.g., in Brunelli-Mazzi, a cura di, Codici penali militari. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Milano, 2001, pag. 1162 ss.


(19)In questo senso: MALTESE, Sant’Anna di Stazzema e Cave Ardeatine, cit., col. 459, che sul punto riprende la corrispondente osservazione già formulata a suo tempo da CAPOTORTI, Qualificazione giuridica dell’ eccidio delle Fosse Ardeatine, cit.


(20)Cfr. già MONACO, La responsabilità internazionale dello Stato per fatti di individui, in Riv.dir.internaz., 1939, V, pag. 198 ss., sui principi generali del diritto internazionale classico in tema di responsabilità internazionale dello Stato per danni arrecati a Stati stranieri da individui soggetti alla propria potestà, ove si riporta l’ assunto dottrinale tradizionale, circa la esclusione dell’ imputabilità del comportamento lesivo all’ individuo che ne sia l’ autore, in quanto non soggetto di diritto internazionale.


(21)Cfr. FREI, Der Fuhrerstaat, Munchen, 1987, tr.it.: Lo Stato nazista, a cura di Antonacci, Roma-Bari, 1992, pag. 38 s., ove si sottolinea come, secondo la concezione invalsa nella coeva più autorevole dottrina giuspubblicistica, il Fuhrer “parlasse il diritto”, citando l’ opinione di SCHMITT, Der Fuhrer schutz das Recht, in Deutsche Juristen-Zeitung, 1934, 39, col. 945 ss.


Va aggiunto che l’ ordinamento dello Stato nazionalsocialista era improntato al cd. “principio del Fùhrer” (Fuhrersprinzip): il Fuhrer, in quanto capo assoluto dello Stato, emetteva comandi che costituivano le leggi dello Stato stesso. La volontà del Fuhrer era, pertanto, la fonte principale del diritto.


Su detti connotati dell’ ordinamento giuridico statuale: BINDER, Der Deutsche Volksstaat, Berlin, 1934; HENKEL, Strafrichter und Gesetz im neuen Staat, Berlin, 1934.


(22)Rimarca la sostanziale assenza nel coevo sistema normativo di riferimento per i militari tedeschi del potere-dovere di opporsi all’ esecuzione di un ordine che costituisse manifestamente reato: MALTESE, La rappresaglia delle Cave Ardeatine, cit., loc.cit, ove significativamente si rimarca come le ordinanze di Hitler fossero la Grundnorm in base alla quale comportamenti altrimenti offensivi dei valori tutelati dalle nazioni civili, ed anche violativi della stessa legge penale tedesca, divenissero non soltanto ammissibili ma financo doverosi.


Peraltro, simmetricamente, si è sempre esclusa la applicabilità ai militari esecutori di crimini contro l’ umanità della scriminante dell’ esecuzione dell’ ordine superiore: cfr. già C. Assise Trieste, 29 aprile 1976, in Foro it., 1976, II, col. 313.


In dottrina, circa i limiti di opponibilità dell’ esecuzione di ordine criminoso da parte del militare: cfr. SACERDOTI, A proposito del caso Priebke: la responsabilità per l’ esecuzione di ordini illegittimi costituenti crimini di guerra, in Riv.dir.internaz., 1997, pag. 132.


(23)Si è con esso investito unilateralmente della competenza a decidere della controversia un apposito organo arbitrale internazionale predisposto per la risoluzione di controversie su base volontaria degli Stati. In particolare, l’ art. 36, c. 2°, dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (CIG), stabilisce che gli Stati aderenti allo Statuto possono in ogni momento dichiarare di riconoscere come obbligatoria ipso facto nei rapporti con qualsiasi altro Stato, che accetti il medesimo obbligo, la giurisdizione della Corte su tutte le controversie interstatali concernenti:


- l’ interpretazione di un trattato;


- ogni questione di diritto internazionale;


- l’esistenza di un fatto che, se provato, costituirebbe violazione di un obbligo internazionale.


Qualora una parte non dia esecuzione agli obblighi che su di essa ricadono in base alla sentenza emessa dalla CIG, l’ altra parte potrà adire il Consiglio di sicurezza ONU per fargli emettere raccomandazioni o decidere misure da adottare per dare esecuzione alla sentenza (art. 94, c. 2 dello Statuto).


(24)La Corte Internazionale di Giustizia è un organo internazionale permanente deputato alla soluzione delle controversie tra Stati: essa è il principale organo giurisdizionale dell’ ONU, il cui Statuto, che ne regola l’ attività, è parte della Carta ONU (artt. 92 e ss. Carta ONU). Le sue sentenze sono obbligatorie per le parti, definitive ed inappellabili (art. 60 dello Statuto). Sulla natura della Cig: WEHBERG, Der internationale Gerichtshof der Vereinigten Nationen, in Friedenswarte, 1946, pag. 153 ss.; DUBISSON, La Cour International de Justice, Paris, 1964; STARACE, La competenza della Corte Internazionale di Giustizia in materia contenziosa, Napoli, 1970; Id., Processo internazionale, in Enc. dir., vol. XXXVI, Milano, 1987, pag. 147 ss.; JENNINGS, The International Court of Justice after Fifty Years, in American Journal Internat. Law, 1995, pag. 493.


Detta Corte è succeduta alla preesistente Corte permanente di giustizia internazionale, anch’ essa con sede all’ Aja, la quale era l’organo giurisdizionale della Società delle Nazioni. Su quest’ ultima: HUDSON, Permanent Court of international justice, New York, 1943.


(25)Gli essenziali riferimenti bibliografici al riguardo sono i seguenti: BOGUSLAVSKIJ, Staatliche Immunitàt, Berlino, 1965; DAMIAN, Staatenimmunitàt und Gerichtszwang, Berlino, 1985; LUZZATTO, Stati stranieri e giurisdizione nazionale, Milano, 1972; ROUSSEAU, Immunité jurisdictionnelle des Etats étrangeres, in Revue générale de droit international public, 1973, pag. 907 ss.; PANEBIANCO, Giurisdizione interna e immunità degli Stati stranieri, Napoli, 1967;


(26)Sulla definizione e strutturazione della comunità internazionale è tuttora valido il richiamo di: GIULIANO, La comunità internazionale e il diritto, Padova, 1950.


(27)Lo Stato è il principale soggetto del diritto internazionale: le caratteristiche che lo debbono connotare, per renderlo titolare di soggettività dal punto di vista internazionalistico sono:


- indipendenza, cioè la possibilità di determinarsi autonomamente nei rapporti con altri Stati, senza riconoscere alcuna posizione di superiorità;


- sovranità, cioè la suprema unicità nell’ ambito del potere politico interno.


Per la configurazione della società internazionale essenzialmente come società fra Stati sovrani, cui, eminentemente, pertanto, spetta la soggettività di diritto internazionale, utilmente possono ancora richiamarsi le classiche voci enciclopediche di: ARANGIO-RUIZ, Stati ed altri enti, in Nov.mo Dig.it.,vol. XVIII, Torino, 1971, pag. 132 ss.; QUADRI, Stato (dir.internaz.), oggi in Id., Scritti giuridici, vol. I, Milano, 1988, pag. 189 ss.


(28)Tutto il potere spetta allo Stato che o disconosce altre autorità, soprastatale od infrastatuale, o la riconosce in virtù di una propria, esclusiva e sempre revocabile, accettazione.


Per una efficace nozione di “sovranità statale”, è classico il rinvio a: KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano, 1974, pag. 211 s.; 389 ss.


(29)Dall’ immunità dalla giurisdizione, poi, come si rammenta più oltre, deve distinguersi l’ immunità dalle misure cautelari e dalle azioni esecutive: i beni dello Stato straniero, nella misura in cui non siano concretamente destinati ad attività di governo, erano sottoponibili a misure cautelari ed esecutive dietro autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia. Cfr. infra nota 32.


(30)Tale esenzione dalla giurisdizione è, come più oltre precisato, è ristretta ai soli cd. atti d’ imperio, e non anche agli atti compiuti in condizioni di parità con i privati.


(31)Sia con riguardo al processo di cognizione che con riguardo al processo di esecuzione. Proprio con riguardo all’ esecuzione forzata da esperire in base a provvedimenti giudiziari adottati dallo Stato territoriale, sui beni di uno Stato estero ma localizzati nel territorio del primo, essa è da ritenersi esperibile, sulla base della concezione ristretta dell’ immunità giurisdizionale, solo su beni non destinati ad una pubblica funzione (ad es., beni immobili non strumentali all’ esercizio di funzioni sovrane dello Stato straniero).


In materia già la legge italiana 15 luglio 1926, n. 1263, subordinava la esecuzione forzata sui beni di Stati esteri, a condizione di reciprocità, all’ autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia. Essa, esigendo la previa autorizzazione ministeriale, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, in parte qua, da Corte cost., 15 luglio 1992, n. 329, in Foro it, 1993, I, col. 2785, con nota di MONNINI, Rilievi processuali in tema di misure esecutive e cautelari su beni di Stati stranieri, prima e dopo il fondamentale intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 329 del 1992, ivi.


(32)Tali sono quegli atti posti in essere da uno Stato nell’ esplicazione delle proprie funzioni pubbliche, in qualità di soggetto di diritti internazionale.


(33)Tali sono quegli atti posti in essere da uno Stato, ma non espressivi di una funzione pubblica, bensì corrispondenti a quelli di un qualsiasi altro soggetto di diritto privato.


(34)La cennata distinzione, astrattamente agevole, in concreto può ben risultare problematica: classico è il caso del rapporto di lavoro instaurato presso rappresentanze diplomatiche o consolari od istituti di cultura di Stati stranieri, per i quali può essere difficile l’ inquadramento nell’ ambito privatistico o pubblicistico dello Stato straniero, tale da farne derivare l’ immunità del sotteso contenzioso dalla giurisdizione dello Stato territoriale. Al riguardo, solo a titolo di richiamo, può rammentarsi l’ orientamento prevalente della giurisprudenza che riconosceva l’ immunità allorquando le mansioni svolte dal lavoratore ne implicavano la partecipazione all’ esercizio di attività pubblicistiche dello Stato straniero, con conseguente dilatazione dell’ ambito operativo dell’ immunità giurisdizionale. Al riguardo va rammentato che la Convenzione europea sull’ immunità degli Stati, promossa dal Consiglio d’ Europa nel 1972, entrata in vigore l’ 11 giugno 1976, per i rapporti di lavoro adotta il criterio co mbinato della nazionalità del lavoratore e del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa: con al conseguenza che sussiste l’ immunità per i rapporti di lavoro instaurati con lavoratori della stessa nazionalità dello stato straniero; è, invece, esclusa detta immunità giurisdizionale allorquando il lavoratore abbia la nazionalità dello stato territoriale o di uno Stato terzo, ed in questo risieda e svolga l’ attività lavorativa considerata.


Per un quadro degli orientamenti succedutisi nella nostrana giurisprudenza, in particolare di legittimità, circa il riconoscimento della giurisdizione italiana per le controversie sui rapporti di lavoro instaurati copn organi di uno Stato estero da cittadini dello Stato territoriale: GAJA, Quale immunità degli Stati esteri per le controversie di lavoro, in Riv.dir.internaz., 1991, pag. 920 ss.; DE MARCHIS, La “difficile” immunità giurisdizionale degli Stati stranieri, in Riv.giur.lav., 1992, II, pag. 784 ss.; TORIELLO, Immunità giurisdizionale degli Stati e rapporti di lavoro, in Giur.civ.comm., 1992, II, pag. 146; TRIOLA, Rapporti di lavoro ed immunità giurisdizionale degli Stati esteri, in Giur.civ.comm., 1996, II, pag. 42.


Va osservato come, in Italia, tradizionalmente, si riconosca al Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M.) la medesima immunità accordata, in base al diritto internazionale, agli Stati stranieri, pur se l’ Ordine sia, attualmente, privo di una effettiva sua propria base territoriale: cfr. già Cass., SS.UU., 19 luglio 1989, n. 3374, in Foro it., 1990, I, col. 2597, con nota di CONFORTI, Sui privilegi e le immunità dell’ Ordine di Malta, ivi, dove, peraltro, si conclude per la sussistenza, nel caso concreto, della giurisdizione italiana su controversie in materia di rapporti lavoro con l’ Ordine.


In materia possono utilmente richiamarsi: BETTETINI, Par in parem (non) habet iurisdictionem (ancora sui limiti della giurisdizione italiana nei confronti di enti ecclesiastici e dello S.M.O.M.), in Dir. eccles., 1992, II, pag. 10; CONFORTI, Giustizia italiana per l’ Ordine di Malta?, in Corr.giur., 1992, pag. 547; FINOCCHIARO, L’ Ordine di Malta e la giurisdizione statale, in Giur.it.,1992, I, col. 2194; GAZZONI, Fini e conformazione dell’ Ordine di Malta, in Giust.civ., 1992, I, pag. 391; GAZZONI, Sovranità dell’ Ordine di Malta e limiti all’ immunità giurisdizionale dei suoi enti pubblici, in Giust.civ., 1993, I, pag. 2730; FABRIZIO GIULIMONDI, Sovrano Militare Ordine di Malta: soggettività di diritto internazionale ed esenzione dalla giurisdizione civile italiana, in Mondo giudiz., 2001, pag. 482, 494.


(35)Cass., SS.UU., 11 marzo 2004, Ferrini c. Repubblica Federale di Germania, in Giust.civ., 2004, I, pag. 1191, con nota di BARATTA, L’ esercizio della giurisdizione civile sullo Stato straniero autore di un crimine di guerra, ivi .


(36)Cfr. supra, nota 1.


(37)Cass., SS.UU., 27 maggio 2005, ord., Borri c. Repubblica argentina, in Foro it., 2005, I, col. 3046, con nota di richiami di Giorgiantonio. Il supremo Collegio afferma, nel caso richiamato, la insussistenza della giurisdizione italiana nei confronti della Repubblica Argentina, proprio richiamandosi al principio della immunità ristretta. Invero, ancorché la emissione e vendita sul mercato internazionale di bonds, in sé considerata, possa riguardarsi quale attività iure privatorum, il mancato rimborso di capitale ed interessi in scadenza è diretta conseguenza di provvedimenti normativi di efficacia generale adottati nello Stato straniero, in esercizio delle proprie prerogative sovrane, per motivi di emergenza economica e finalizzati alla sopravvivenza stessa della nazione, con l’ inevitabile conseguenza che il giudice dovrebbe inammissibilmente sindacare l’ attività iure imperii dello Stato argentino.


(38)In motivazione, tale ultima pronunzia del giudice di legittimità chiarisce che la moratoria dei pagamenti disposta dal governo argentino incide unicamente sui diritti patrimoniali dei cittadini stranieri detentori dei bonds, senza che a ciò si accompagni una lesione dei valori universali della dignità umana e pertanto soggiace alla regola della immunità.


Cfr. sul principio dell’ immunità giurisdizionale cd. ristretta, cioè attinente agli atti iure imperii: Cass., SS.UU., 3 agosto 2000, n. 530, in Giust. civ., I, pag. 747, con nota di SIMONE, L’ immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile per attività di addestramento alla guerra mediante velivoli militari della NATO, ivi.


(39)Per un riepilogo dei precedenti orientamenti giurisprudenziali in materia: CASTIGLIONE, Immunità giurisdizionale e difetto di giurisdizione nella recente giurisprudenza italiana, in Cons. Stato, 2000, II, pag. 2367.


(40)Cfr. supra nota 36.


(41)L’ art. 36, c. 2°, dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (CIG), stabilisce che gli Stati aderenti allo Statuto possono in ogni momento dichiarare di riconoscere come obbligatoria ipso facto nei rapporti con qualsiasi altro Stato, che accetti il medesimo obbligo, la giurisdizione della Corte su tutte le controversie interstatali concernenti:


- l’interpretazione di un trattato;


- ogni questione di diritto internazionale;


- l’esistenza di un fatto che, se provato, costituirebbe violazione di un obbligo internazionale.


(42)Le sentenze della C.I.G. sono obbligatorie per le parti, definitive ed inappellabili (art. 60 dello Statuto).

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